25 maggio 2012

ITALIA DI IERI, ITALIA DI OGGI

OGGI MI SONO RILETTA UN POST LASCIATO NELLE BOZZE CHE AVEVO SCRITTO TEMPO FA.
MANCAVANO GIUSTO POCHE RIGHE CONCLUSIVE (E UNA BELLA IMMAGINE PERTINENTE), ED ECCOLO PRONTO.  
Il nostro amico Sergio mi ha consigliato un libro che mi sono precipitata a comprare in Feltrinelli, e sin dalle prime pagine ho capito che davvero ne valeva la pena. E' la Trilogia di Vigevano di Lucio Mastronardi: mi viene da definirlo come un Luciano Bianciardi meno noto e senz'altro sottovalutato, benchè molto stimato da Vittorini e Calvino, che lo aiutò ad entrare nella cerchia degli autori einaudiani.
A Vittorini Mastronardi scrisse, venticinquenne, una coraggiosa lettera di presentazione, dalla quale traspaiono il desiderio di un riconoscimento della qualità del proprio lavoro, ma anche l'umiltà di sottoporsi all'esame di grandi uomini di lettere. Lo scrittore si procurò così la stima e l'appoggio di Vittorini stesso e più tardi anche di Calvino; ciononostante fu sempre, anche per la sua ipersensibilità e le fragilità caratteriali, una figura di perdente, destinata a rimanere ai margini delle vicende importanti della letteratura del dopoguerra. Vicende rispetto alle quali avrebbe invece sicuramente meritato un ruolo da protagonista.
La Trilogia è un impietoso, a tratti rabbioso (e sempre anche disperato) ritratto dell'Italietta di provincia degli anni Cinquanta/Sessanta, soffocata dalla sua ignoranza, dalla sua grettezza, dalla sua angustia di vedute. L'Italietta da poco riemersa dai disastri della guerra, che vive il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, con le prime "fabbrichette" e le prime avvisaglie del boom economico che farà la fortuna di pochi e creerà l'infelicità dei molti che cominceranno a sognare qualcosa di più del minimo tirare a campare, e invece dovranno ancora accontentarsi di meno di niente.
Cosa rende un libro come questo di una sconvolgente, direi drammatica attualità?
Il fatto che a scorrerne le pagine, a percorrere con Mastronardi le strade di Vigevano, a soffermarsi con lui nelle piazze, sotto i portici, ai banconi dei bar e sul sagrato della chiesa la domenica dopo messa, ad ascoltare i discorsi degli industrialotti, degli insegnanti e dei direttori di scuola, delle mogli infelici e insoddisfatte, e purtroppo anche degli operai - quelli che stanno sempre attaccati alle sottane del padrone, nella speranza che faccia cadere per compassione qualche briciola dal suo desco o anche solo per illudersi di essere un po' come lui, di vivere di luce riflessa -; ebbene, a vedere e sentire tutto ciò, ci si rende conto che in questo Paese cinquant'anni sono davvero passati invano. Sotto la pesante mano di vernice scintillante e tarocca data da Nostra Signora la Tivvù ai nostri paesaggi, alla nostra cultura, alla verità della vita quotidiana, con il suo bene e il suo male, con le fatiche e i problemi che la contraddistinguono; dietro il sipario del perenne avanspettacolo da quattro soldi, dei nani e delle ballerine, dei "quizzers", dei Grandi Fratelli e delle Isole dei Famosi/Nonfamosi/Cosìcosì, degli eterni ritorni dei Festival di Sanremo, della politichetta delle mafie, dei grandi e piccoli delinquenti, degli arrapati di soldi e battone/i, dell'inestirpabile vizietto della stecca, della mazzetta, del regalino, delle risate alle tre del mattino alle spalle dei poveri disgraziati, del trionfo dei buzzurri, dei ladri, delle puttane, degli evasori fiscali... Dietro tutto questo, non rimane altro che la stessa, identica, sconfortante Italietta da quattro lire di Mastronardi.
Che cosa c'è di diverso fra il "ganassa" che una sera sì e l'altra sì scende dall'auto di lusso davanti al bar centrale di Vigevano per mostrare i suoi trofei, ossia il macchinone e la sua signora addobbata di gioielli come un albero di Natale, e gli innumerevoli magnaccia vestiti dagli stilisti zarroni, i vari furbetti del quartierino, i papponi che non perdono occasione per portare in trionfo la bonazza di turno strabordante di silicone?
Nello stesso microcosmo della scuola, sempre indicativo specchio dei tempi e delle società, in questo microcosmo descritto con malinconica lucidità da Mastronardi (che era figlio di insegnanti e fu maestro egli stesso) quanti sono ancor oggi, a fronte di tante figure meritevoli e vergognosamente penalizzate, i burocratucci, le macchiette, i signori nessuno che in questo bozzolo hanno trovato la dimensione ideale per autoesaltarsi e darsi un ruolo, un'identità, un perchè, che altrimenti non sarebbero riusciti a conferirsi? E anche fuori dalla scuola, in quanti contesti ancora nell'Italia di oggi si possono trovare migliaia, milioni di questi meno di zero elevati a (inesistente) potenza?
Quante cose nella Trilogia di Mastronardi ci parlano, ahimè, del Paese attuale! La lista sarebbe lunga, ma giusto a titolo di esempio: la tronfia vanagloria dei dottoridirettoripresidispettori, l'autocelebrazione degli scribacchini che si sentono grandi giornalisti, la ripetitività soffocante dei riti della vita di provincia (e non solo... in molti dicono che questo nostro Paese è da considerarsi come un'unica, grande, imbozzolita provincia narcotizzata dalla televisione), la messa seguita non per devozione ma per esibizione e stanca partecipazione a un rito sociale, giammai religioso; la passeggiata e il caffè della domenica, la partita a carte nel vuoto spinto della mancanza di stimoli e svago, il calcio naturalmente, la centralità indiscussa e assoluta del vestito come biglietto da visita e lasciapassare per il riconoscimento, anzi, per l'accettazione nel consesso sociale.
Un Paese dimentico di se stesso e incapace di imparare dai propri errori.

http://lucameneghel.blogspot.com/2009/07/il-maestro-il-calzolaio-e-il.html

Laura

22 maggio 2012

15 maggio 2012

DIVERSITA' (SOTTOTITOLO: QUESTIONE DI STILE)

GUARDATE LEI:


E POI GUARDATE LEI:

ECCO. 

Laura

12 maggio 2012

UN SABATO COME TANTI ALTRI (TROPPI)

Bene, ed eccoci qua al fine settimana.
Si ripropone l'eterno quesito: si sta meglio durante la settimana stessa, quando si corre dentro la ruota come i criceti - immagine che ultimamente evoco spesso, in quanto mi pare la più aderente al nostro collettivo affannarci dei giorni feriali rincorrendo obbiettivi che mai saranno raggiunti - oppure quando ci si può fermare, scendere dal treno in corsa impazzito e...
Appunto.
E... cosa?
E... mettere a posto la spesa?
E... pulire casa?
E... vagare in Internet come un'anima in pena alla ricerca di stimoli virtuali, dato che sempre meno, sempre meno, sempre meno ne arrivano dal mondo reale?
E... scrivere mail segnalando i miei post su questo blog a un gruppo di "contatti" (mi fa sempre più sorridere amaro questo termine "contatti", esattamente come mi fanno sorridere gli "amici" di Facebook o le "cerchie" di Google+: contatti che non contattano, amici che non amicano, cerchie che non fanno cerchio. Nomi inventati per realtà inesistenti, laddove non siamo altro che sempre più, non spero ovviamente ma credo, monadi chiuse in una rassegnata accettazione di vite generalmente assai al di sotto delle proprie giovanili, colpevolmente ingenue aspettative e ambizioni); dicevo, scrivere mail a un sempre più selezionato e sparuto gruppo di contatti, dal quale ogni volta decido di togliere, piuttosto che aggiungere, qualche indirizzo, che tanto non mi risponderà mai e probabilmente nemmeno mi leggerà?
E... sentire che il tempo libero, piuttosto che apparirmi come una straordinaria risorsa da sfruttare in ogni minuto, in ogni secondo, mi appare come un vuoto pneumatico da attraversare, sperando che si esaurisca al più presto per tornare a correre dentro la ruota e così facendo non avere il tempo di pensare?
E... cercare di entrare nella testa degli altri (inutile tentativo), per capire se lo sentono anche loro che manca il senso, e fanno finta di niente oppure proprio non se ne accorgono?
E... non sapere delle due ipotesi quale preferire?
E... non sapere dove diavolo è finito il passato, che mentre si bruciava e non ne rimaneva che polvere non me ne sono accorta, e adesso mi pare di essermi persa tutto per strada, e di non avere né passato né futuro?
E... vedere che la gente figlia NONOSTANTE, e domandarsi se forse non sia in qualche modo una forma di risposta, o addirittura una forma di "saggezza della specie"?
E... sapere che scappare non è una soluzione, eppure desiderarlo sempre di più e non poterci fare niente?
E... andare tre giorni a Lione, che almeno vedo qualcosa di meglio che non la stazione di Sesto FS, i corridoi della metropolitana trasformati in suk dove la principale merce di scambio è la disperazione, i quartieri dei ricchi  che esisteranno in secula seculorum anche in mezzo alle peggiori crisi epocali, chiusi nel loro solipsistico vivere del possesso dei soldi anche se non necessariamente li spendono, ma li tengono lì e ciò basta a dar loro senso e soddisfazione?
E... pensare che aveva ragione Dietrich Bonhoeffer, artefice del fallito attentato a Hitler, quando elaborò la teoria del "problema degli stupidi", nella quale (come ben spiega Goffredo Fofi) si sostiene che:
1. contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza ma contro la stupidità non abbiamo difese. Lo stupido è soddisfatto di sé e non ascolta argomentazioni, ma parlandogli ci si accorge che non si ha a che fare direttamente con lui personalmente, ma con slogan, motti ecc. da cui egli è dominato.     
2. dovremo rinunciare ad ogni tentativo di convincere lo stupido.   
3. inutile cercar di capire cosa pensi “il popolo” da parte di chi pensa e agisce in modo responsabile. Utile è cercar di fare quanto è possibile perché reimpari a pensare, ma a partire da cosa se non dall'esempio di pochi, dall’attenzione che i non-stupidi potranno avere per loro, purché, aggiungo, siano davvero non-stupidi? 
4. L’Italia è un paese di stupidi, di un’immensa maggioranza di stupidi di cui facciamo in qualche modo parte tutti, catturati dal binomio diventato indissolubile, che ci ha drogati e pervertiti: il consumo-e-consenso. 
E... pensare che non dovrei avere pensieri così cinici ma invece dovrei amare COMUNQUE il diverso e l'altro da me, e provare non rabbia ma compassione per la moltitudine degli stupidi, ma non è imponendomelo razionalmente che ci posso riuscire?
E... guardare fuori dalla finestra e vedere che tutto è immobile, e che su tutto si sta stendendo la cappa afosa ammorbante mortifera che fra poco comincerà ad assediarci come implacabilmente accade ormai ogni anno, come una pena di contrappasso, come un rabbioso assedio ai nostri corpi collettivamente colpevoli dell'ammaloramento di questo disgraziato pianeta; un assedio che intacca poi anche la mente e l'anima, che non si riesce più nemmeno a pensare e a sentire dal caldo che fa e vorresti abbandonarti al calore che confonde i contorni delle cose, che tutto porta alla decomposizione, sederti e aspettare che siano le cose e gli eventi a fare di te ciò che vogliono e sia quello che sia una buona volta, deporre le armi, arrenderti, ammettere la sconfitta, saper dire "Va bene, okay, ho perso, ho combattuto e ho perso, ma almeno posso dire di averci provato"?   
E... doversi accontentare, e detestare il fatto di doversi accontentare, e ancora di più che TI DICANO che ti devi accontentare (perché il doversi accontentare ti appare come un'ingiusta punizione per colpe che non hai), con insopportabili sermoni che non hai più voglia di ascoltare perché è passato il tempo che eri una brava bambina che ascoltava ed eseguiva?
E... sentirsi indietro, indietro, indietro, mentre gli altri, NONOSTANTE, vanno avanti (non fa niente dove)? E in certi momenti invidiarli DA MORIRE, DA MORIRE, DA MORIRE, e desiderare di morire e rinascere fatta come loro, senza gli occhi per vedere, senza l'anima per sentire, e così poter vivere una vita interiore decente, che alle volte ti pare di essere venuto al mondo solo per star male da cani? 
E... accorgersi (provando per questo terrore e raccapriccio) che per la maggioranza delle persone che ci circondano non provi NIENTE, ma NIENTE DI NIENTE? Non affetto, non partecipazione, non condivisione, non interesse, non trasporto, non comprensione? 
E... sapere che sicuramente stai sbagliando qualcosa, ma non trovare il bandolo della matassa, l'uscita di sicurezza, il montaliano varco nella rete? 

Amen.

Laura   

8 maggio 2012

FRAGRANZE DIVINE

Da Corriere.it di oggi:

...ahhhhhhhhhhhhhhhh, beh, posso immaginare!!!
Ma ora, vogliamo conoscerne la fragranza. Non possiamo rimanere con questa curiosità.
Gelsomino?!? Sandalo?!? Vetiver?!? O il massimo della rara finezza, il Patchouli (su cui a suo tempo le Iene firmarono un memorabile servizio)? 
Ah, Began, donna toccata da sommo privilegio!

Laura

P.S. Presumo che per acconsentire a che tu gli baciassi i piedi, l'Unto del Signore (speriamo NON nei piedi) ti abbia ingiunto di dargliela. Ma cosa vuoi che sia stato, così piccolo pegno per così grande onore?    

GENI DEL MONDO BLOGGER

Questo è un GENIO:

E anche questo sa il fatto suo:

Ultimamente ne sto scoprendo parecchi.
Tutti sagaci, tutti spiritosissimi, tutti maledettamente bravi con la penna in mano.
E devo dirlo: da una parte sono invidiosa (vedi post
http://leromanderenart.blogspot.it/2012/04/mi-manca-lironia.html), ma dall'altra sono proprio contenta che esista questo straordinario mondo parallelo, questa Italia intelligente, riflessiva e sveglia, fatta di gente un po' diversa dai seguaci (maschi bavosi e femmine invidiose) di:


...e compagnia bella (bella?!? Figa, certo, in qualche caso, ma non per questo "bella gente"; ah, a proposito, l'ultima in basso a destra è la Canalis, per la cronaca. Credeteci, credeteci, anche perché è lei quella VERA, non quella VIRTUALE costruita pezzo per pezzo negli studi di posa e nelle mani dei truccatori).

E devo dire anche un'altra cosa: che il Roman ultimamente mi pare, nella sua veste grafica, quel pelo TROPPO lezioso, per non dire stucchevole. No, anzi, rettifichiamo: non che fino ad ora non lo sapessi. Lo sapevo, ed era voluto, cercato, fatto apposta.
Però però... mi sa che tra poco potrebbe scattare un restyling EPOCALE. Anche sulla scia di quanto osservo negli altri blog, ma non solo. Soprattutto in considerazione dei miei movimenti sismatici, che hanno quasi sempre  una proiezione abbastanza vistosetta verso l'esterno.  
Vedremo...  

Laura

7 maggio 2012

LODEVOLI INIZIATIVE PER LA FAME NEL MONDO

Da Repubblica on line di oggi:

Tre generazioni di Crawford a confronto: nonna Jennifer, mamma Cindy e la piccola Kaia di 11 anni. È la prima volta che le tre posano insieme, bellissime e sorridenti e lo fanno in vista della Festa della Mamma. Cindy, la supermodel dal patrimonio valutato in 100 milioni di dollari, è infatti la protagonista di un concorso lanciato per il marchio di moda JCPenney.com. In un video nel quale Cindy, Kaia e Jennifer si dichiarano il loro affetto, la supertop spiega il concorso. Gli utenti di Facebook devono postare un'immagine della propria madre e spiegare il dono più grande che lei ha fatto loro sulla pagina del brand. L'utente che posterà il ricordo più bello potrà vincere 1000 dollari di shopping da fare con la propria madre, in compagnia di Cindy Crawford.


Laura

SULLE ELEZIONI IN FRANCIA

PRIMO:
Parto dal presupposto che il nostro futuro non sarà più tanto segnato dalle forze politiche, dalle loro strategie e decisioni, dalla destra o dalla sinistra o dal sopra o dal sotto, quanto piuttosto da altri fattori e attori; e questo non lo dico io, caccola qualunque, ma numerosi cervelloni esperti di questi temi.
Un po' per questa consapevolezza, e un po' perché mi devo francamente sforzare, ma proprio parecchio sforzare, per non sposare la tesi dei qualunquisti secondo la quale "sono tutti uguali" - e mi sforzo più per non andare a mescolarmi con loro che per la convinzione che non abbiano almeno un po' ragione; convinzione della quale sempre meno sono convinta, non per quanto concerne le idee ovviamente, bensì per le persone che in questa congiuntura storica le rappresentano - dunque dicevo, un po' per questo e un po' per quello, non sono certo qui a commuovermi a calde lacrime per la vittoria di Hollande. Per quanto Sarkozy mi stesse cordialmente sulle palle, con quella sua arietta da parvenu riverniciato e la sua arrogante ansia di protagonismo e riscatto da quelle che lui stesso considerava di sé le sconvenienti origini di immigrato sfigato.
Ciò detto, poiché siamo in piena era "Mi-tocca-scegliere-il-meno-peggio-fra-quel-che-mi-passa-il-convento", meglio comunque Hollande. O per meglio dire, meglio comunque un socialista (o uno che dichiara di esserlo, mettiamola così) piuttosto che un fascista. Che poi il sedicente socialista sia Hollandesarcazzochiè o Unaltrosarcazzochiè, mi risulta di secondaria importanza.
E ciò per quanto strettamente attiene alla questione politica.
Ma soprattutto...
SECONDO:
Attendevo con ansia il risultato elettorale francese per veder sloggiare dall'Eliseo la donna che più mi sta sulle palle nell'intero panorama del jet set internazionale: LA CARLA'.
La mia scarsa simpatia per la "signora" non è cosa nuova per i lettori di questo blog (si vedano al proposito i post etichettati "Carla Bruni").
Immenso dunque il mio giubilo nello scoprire che all'indomani della pesante sconfitta del marito - che definirei, senza tema di esagerare, l'uomo più opportunisticamente sposato da una donna in tutto il secolo XXI, e anche nel XX da poco concluso - i numerosi detrattori francesi della Carlà si sono scatenati su Twitter, prendendola sanguinosamente per i fondelli.
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhh, qual godimento, qual soddisfazione! Qual momento di intensa condivisione di satanici sberleffi all'indirizzo della modella-cantante-compagna-comunista-del-filosofo-comunista-e-dopo-di-suo-figlio-e-poi-ho-cambiato-idea-non-sono-più-di-sinistra-perché-mi-conviene-sposare-questo-tappo-fascista-e-quindi-faccio-di-necessità-virtù-e-mi-metto-le-ballerine-perché-se-no-si-vede-che-gli-piscio-in-testa-e-lui-non-potrebbe-mai-sopportare-di-avere-una-moglie-più-alta-di-lui-e-poi-al-volo-ci-faccio-una-figlia-che-ci-sta-sempre-bene-per-pararmi-il-culo-anche-sul-dopo-presidenza-che-avevo-già-capito-qualche-mese-fa-che-buttava-male-e-quindi-mi-sono-blindata-il-futuro-per-benino-mica-che-questo-se-non-gli-servo-più-come-bella-statuina-mi-scarica-son-più-furba-io-di-lui.
TERZO:
In ogni caso, a sinistra SIAMO SEMPRE MEGLIO, uomini o donne che siamo. E lo siamo primo per il cervello, e secondo se permettete anche per lo stile, che non è acqua e se non ce l'hai non te lo inventi.
Se vogliamo rimanere sul femminile, basta confrontare la Carlà, Master of the Universe della categoria "faccia smorta figa forta" nonché di quella "non so fare una beata minchia ma mi faccio largo grazie ad altre doti", con la neo-première dame, la giornalista Valérie Trierweiler. Primo, appunto, la Trierweiler è una giornalista e non un'ex modella, con tutto il rispetto per le modelle ed ex modelle. Secondo, non ha l'aria di una geisha invecchiata incrociata con una bambola di porcellana a cui sono stati rinforzati di recente gli zigomi con il DAS. Terzo, non ha cambiato fulmineamente guardaroba durante la campagna elettorale del marito, passando dal massimo dello scianto stralusso al look "finto-donnetta della banlieue" nel patetico tentativo (complimenti alla sagacia dei consulenti d'immagine di Nicolas) di farla sembrare "una qualunque" in considerazione dei tempi di crisi, e in tal modo favorire la rielezione del consorte. Quarto, si è messa con Hollande PRIMA che diventasse un uomo molto potente, anzi, a ben vedere MENTRE ancora lui si riprendeva dal tostone politico subito dalla precedente compagna, la Royal, e si metteva a far politica in proprio dopo aver fatto il suo uomo-ombra. E ho come il sentore che preferirà di gran lunga far politica attiva al fianco del marito piuttosto che figliare a scopo politico.
Capito, mia bella gente di destra e mia bella Carlà, come si sta al mondo, come si fa politica e come ci si presenta all'opinione pubblica se si ambisce a fare la moglie di Monsieur le Président (e possibilmente non per una sola legislatura, stile meteora)?  
QUARTO:
Segnalo a margine, a puro scopo liberatorio, cosa penso del parere sul risultato elettorale francese che la "signora" Llera Moravia, di cui ingenuamente pensavo di essermi liberata datosi che da anni non esternava più su tutto e tutti, ha sentito invece l'insopprimibile necessità di esprimere:

"«Moi française» non avrei votato per Hollande."

Ebbene, come sacrosantemente hanno detto stamattina alla rassegna stampa delle 8.00 su Radio Pop, 

E CHISSENEFREGA????????????????????

Laura    

6 maggio 2012

IL PIANISTA. CIOE', PROPRIO NEL SENSO DEL PIANISTA PER ANTONOMASIA



JAVIER MARIAS - UN CUORE COSI' BIANCO

"(...) E l'impazienza derivava dalla consapevolezza che non avrei mai più sentito ciò che non avessi udito in quel momento; non ci sarebbe stata ripetizione, come quando si ascolta un nastro o si guarda un video e si può tornare indietro, no, ogni sussurro non catturato e non compreso sarebbe andato perduto per sempre. E' la disgrazia di quanto ci succede e non viene registrato, o peggio ancora, nemmeno saputo né visto né sentito, perché in seguito non sarà possibile recuperarlo. Il giorno in cui non siamo stati insieme non potrà essere modificato, ciò che ci avrebbero detto al telefono quella volta che non abbiamo risposto non verrà detto mai più, né con le stesse parole né con lo stesso valore, e tutto sarà leggermente diverso o diverso del tutto per la mancanza di coraggio che ci dissuase dal rispondere. Ma anche se quel giorno siamo stati insieme, o eravamo a casa quando ci hanno telefonato, o abbiamo avuto il coraggio di parlare vincendo la paura e dimenticando il rischio, anche così nulla potrà ripetersi, di conseguenza arriverà un momento in cui l'essere stati insieme sarà come non esserlo stati, o aver risposto al telefono come non averlo fatto, e aver avuto il coraggio di parlare come aver taciuto. Anche le cose più indelebili hanno una durata, come quelle che non lasciano traccia o neppure succedono, e se le possiamo prevedere, annotare o registrare e filmare, e ci circondiamo di promemoria e addirittura cerchiamo di sostituire l'accaduto con la sua mera conferma, registrazione e archiviazione, di modo che ciò che accade realmente non sia, fin dall'inizio, che il nostro annotare, registrare o filmare, nient'altro; pure in quest'infinito perfezionamento della ripetizione avremo perduto il tempo in cui davvero le cose accaddero. (...). E nonostante tutto non possiamo far altro che impostare la nostra vita ad ascoltare e a vedere e a partecipare e a sapere, convinti che la nostra vita dipenda dallo stare insieme un giorno o dal rispondere a una telefonata, o dall'avere il coraggio, o da commettere un crimine o causare una morte e sapere che è stato così. A volte ho la sensazione che niente di ciò che succede succeda davvero (...) e la debole ruota del mondo viene spinta da smemorati che ascoltano e vedono e sanno ciò che non si dice e non avviene e non si conosce né si può dimostrare. Ciò che avviene è identico a ciò che non avviene, ciò che scartiamo o ignoriamo identico a ciò che accettiamo o afferriamo, ciò che sperimentiamo identico a ciò che non proviamo, tuttavia la vita passa e passiamo la vita a scegliere a rifiutare a selezionare, a tracciare una linea che separi quelle cose che sono identiche e faccia della nostra storia una storia unica da ricordare e da raccontare. Impieghiamo tutta la nostra intelligenza e i nostri sensi e le nostre ansie al fine di discernere ciò che sarà uniformato, o che lo è già, e per questo siamo pieni di rimpianti e di occasioni perdute, di conferme e riaffermazioni e di occasioni sfruttate, quando l'unica certezza è che nulla si afferma e tutto si perde. O forse non c'è mai stato niente." 

"(...) Il mondo intero spesso si muove solo per smettere di occupare il proprio posto e usurpare quello di un altro, solo per questo, per dimenticare se stessi e sotterrare il passato, tutti ci stanchiamo indicibilmente di essere ciò che siamo e ciò che siamo stati. (...)"   


2 maggio 2012

PICCOLE BUGIE TRA AMICI

Adesso che mi sono un po' svegliata fuori con lo streaming - nel senso che dopo aver annaspato come un'anatra imbranata nel web, pensando che tutti i siti fossero buoni per guardarsi in quattro e quattr'otto un film aggratis senza problemi (AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!), ho capito come gira il giro e ho individuato quei due/tre siti giusti dove EFFETTIVAMENTE ciò è possibile - in queste sere malinconiche mi vado a pescare tutte le pellicole recenti che al cinema mi tocca perdere perchè c'è sempre qualcosa di più meritevole della spesa dei 7 euri di biglietto, e che però mi rimangono tutti sullo stomaco e mi spiace essermerli persi sul grande schermo.
Spesso, lo devo ammettere, non si rivelano gran film, o sono proprio delle vere sole.
Però qualcuno non è male.
Dopo la caragnata a seguito della visione di One day, ieri sera mi sono ripescata Piccole bugie tra amici, che è uscito pochissimo tempo fa:
Dopo aver visto Il grande freddo di Kasdan, questo non può che essere considerato un buon remake attualizzato, come molte recensioni on line fanno notare. E la sceneggiatura pecca di qualche ingenuità (se non le vogliamo considerare delle strizzatine d'occhio all'emotività dello spettatore; non per niente il titolo francese del film è Muchoirs, ossia Fazzolettini).
Però, mi ha preso di più dell'antecedente americano. Perchè anche se lì sia la regia sia gli attori erano più forti, qui la forza sta invece nell'attualità dei personaggi e dei problemi che si portano appresso. Un po' enfatizzati, forse, anche per spettacolarizzare la vicenda e "agganciare" maggiormente l'attenzione dello spettatore. Ma non c'è niente di poi così lontano dalla realtà che ci sta intorno e che, per certi aspetti, mi riguarda in prima persona.
Il gruppone di 40/50enni parigini (tutti di ceto medio-alto, bontà loro, e questo allontana il film dalla vita vera dei tempi di crisi che stiamo vivendo) che per le vacanze si riunisce, come ogni estate, nella tenuta di Cap Ferrat del più ricco e insopportabile (ma anche generoso) di loro, e si ritrova a raccogliere i cocci dei rispettivi fallimenti esistenziali, dice molto dei nostri tempi, e molto anche della mia generazione.
Gli uomini sono, ovviamente, immaturi, capricciosi, infantili, egocentrici, insicuri, soprattutto nei rapporti con le donne e addirittura, talvolta, rispetto alla propria identità sessuale (!!!).
Le donne sono stanche e rassegnate rispetto a questi mariti e compagni che somigliano di più a dei figli, e si ritrovano poco gratificate; oppure a loro volta sono inquiete, e saltabeccano da una storia inutile e passeggera ad un'altra.
Uno sconfortante panorama di soggetti fragili, pesantemente regressivi, cocainomani, nevrotizzati, egoisti e grettucci anzicheno, ma in definitiva nemmeno cattivi, anche se a tratti cinici; e comunque legati fra loro da sincero affetto. Tuttavia, ecco, a tal proposito verrebbe da dire: ma il gruppone che alla fine, dopo essersi scannato e sbugiardato, matura in una volta sola con la morte inaspettata dell'amico di tutti, che hanno lasciato in ospedale dopo un terrificante incidente partendo ugualmente per le vacanze collettive, e che al suo funerale celebra anche il funerale della propria spensierata giovinezza, ritrovandosi in un catartico abbraccio collettivo, NELLA VITA VERA DI NOI QUASI QUARANTENNI, DOVE SI E' VISTO MAI?!?
Perchè nella nostra generazione il gruppone al massimo poteva esistere, e resistere a se stesso, non per più di un paio di annetti, a cavallo fra liceo e università. E trattavasi di tutt'altro che di un gruppo così coeso e intimamente legato come questo del film, bensì alquanto sgangherato, e in definitiva del tutto affettivamente inconsistente, oserei anzi dire INESISTENTE.
In questo non mi sono un granchè ritrovata nella vicenda del film.
Ma per il resto, direi che ahimè ci siamo abbastanza.
E non c'è proprio niente da ridere. Mentre scorrono i titoli di coda, stai lì a rimuginare e a masticare amaro.

Laura