31 luglio 2009

IN UN ALTRO MONDO

UNA VERA PERLA DI CIALTRONERIA ITALICA

Ragazzi, è proprio vero che al peggio non c'è limite.
E devo dire che questa volta mi riesce anche difficile riderci su, dato l'argomento specifico, ossia quello della musica, che mi tocca e coinvolge molto, e data quella che secondo me è la gravità assoluta dell'episodio: una grottesca ospitata di una nostra vecchia conoscenza della rubrichina Cialtroni italici di questo blog presso, nientepopodimenoche, il Politecnico di Torino. Vale a dire una delle più prestigiose istituzioni universitarie italiane; capirai!
Cinque minuti di questa sceneggiata, ben al di sotto di ogni limite minimo di accettabilità non dico per una lezione universitaria, ma manco per una conferenzina per pensionati in uno scalcagnato circolo culturale di periferia, la dicono lunga sullo stato credo pressochè irrecuperabile degli standard "culturali" del nostro Paese.
Ma lasciatemi, per una volta soltanto, sfogare e dire a chiare lettere: MA LA GENTE COME ME, I MILIONI DI PERSONE CHE COME ME IN QUESTO PAESE HANNO SUDATO E FATICATO SUI LIBRI, E NEL CASO SPECIFICO ANCHE SULLA TASTIERA O SULLE CORDE DI UN VIOLINO O QUANT'ALTRO; LA GENTE CHE NON HA AVUTO IL FONDO PARATO E COPERTO DA MILLE RACCOMANDAZIONI E SANTI IN PARADISO, CHE NON SI E' INFOGNATA, INFRATTATA, VENDUTA, CHE NON E' ANDATA ALLA TIVVU'; LA GENTE CHE SI E' VERAMENTE COSTRUITA IL SUO FUTURO, IL SUO VERO SAPERE, LE SUE REALI COMPETENZE, E CHE QUINDI QUANDO PARLA - ANZI SE AVESSE LA POSSIBILITA' DI PARLARE, CHE INVECE NON LE E' DATA PER LASCIARE POSTO AI PARACULI - SA DI COSA PARLA; MA QUESTA GENTE NON HA FORSE ALMENO IL DIRITTO DI INDIGNARSI PER QUESTO SCANDALO E PER QUESTA MALAFEDE?
Giudicate un po' voi... io questa volta me lo sono permesso e concesso perchè, ripeto, la materia di cui si parla (o bisognerebbe dire si sproloquia) ritengo davvero di conoscerla piuttosto bene...

http://www.youtube.com/watch?v=q_q0Y-FhBLU

Laura

28 luglio 2009

MINI RASSEGNA STAMPA


Da Io Donna del 18.07.09

DI TUTTO UN PO'

Mi sono dileguata per qualche giorno, presa fra mille cose; ma i pensieri per la testa, e la voglia di buttarli fuori, non mancano.
La quotidianità procede ormai per forza d'inerzia, e con stanchi ritmi da riserva sparata.
E però tocca ancora lavorare, e tanto. Quello che tutti gli anni di questi tempi constato, è che nella nostra follia collettiva non si conosce ormai più un momento di VERA requia. Una volta l'attività lavorativa rallentava progressivamente (almeno così mi risulta, dato che non ho avuto modo di verificarlo personalmente), e si andavano a chiudere le varie incombenze senza vivere la dead-line dell'ultimo giorno di lavoro pre-vacanze come una scadenza terrorizzante: quel che si faceva si faceva, per il resto arrivederci a settembre. E si staccava la spina con la coscienza tranquilla.
Oggi non più; dalla metà di giugno scatta la corsa folle alla programmazione fino a settembre/ottobre, e l'ansia del "chiudere": chiudere pagamenti, chiudere files, chiudere scadenziari, chiudere, chiudere, chiudere... per poi in effetti non chiudere realmente niente, tanto due settimane volano e in un attimo si è di nuovo in pista, a "riaprire" tutta la baracca.
Madonna mia, imporre un proprio ritmo un minimo fisiologico a questo treno in corsa, incapace di fermarsi, è veramente un'ardua impresa. Eppure è da fare, anche per mantenere calma e lucidità e dare veramente un senso riassuntivo a quel che si sta facendo, rispetto alla stagione lavorativa che va a chiudersi. Un momento di riflessione e bilancio ci vuole, cavolo! Altrimenti non si può mai ragionare sul vissuto, trarne degli spunti e degli insegnamenti, dei suggerimenti anche per la programmazione dell'attività futura... non so, starò dicendo delle corbellerie? Mi pare che la giusta alternanza di attività e riposo mantenga ancora un suo senso, a livello individuale come collettivo...
Nel frattempo, fra gli immancabili reportages su italiche chiappe e tette al vento un po' per ogni dove, sia sulle spiagge nostrane sia su quelle esotiche, va a chiudersi anche una stagione politica che, direi, non ha veramente uguali per l'alto profilo dei contenuti e delle implicazioni morali, credo nemmeno nella più scalcagnata repubblica posticcia del Continente nero.
E se tanto mi dà tanto, niente di meglio si profila per l'autunno. Per quanto riguarda la terrorizzante scadenza del congresso PD di ottobre, francamente mi scappa davvero la poesia, e faccio una gran fatica ad interessarmene e a pensare ancora che riguardi da vicino la mia vita, i miei ideali, i miei obbiettivi, i miei interessi individuali e collettivi.
Cosa ci attenda in questo Paese, e anche in generale, è un punto di domanda grosso così.
Non posso dire di stare male, altri momenti sono stati ben più duri, però sullo sfondo la sento, questa vaga inquietudine tenuta a bada, questa sensazione di indeterminatezza del domani, dalla quale occorre sottrarsi con la saggezza del procedere passettin passettino, giorno dopo giorno, costruendosi l'esistenza mattone dopo mattone senza guardare troppo avanti.
E nel frattempo si vive, il tempo scorre, ma le eco di tante vicende passate non si spengono tanto facilmente.
E' già la seconda volta, in queste ultime settimane, che sogno di nuovo persone e vicende degli anni di Conservatorio: volti e luoghi noti, il sagrato davanti alla chiesa della Passione, il chiostro con la grande robinia, la sala Puccini... e su tutto un'atmosfera di pianto, di immenso dolore, di lutto inconsolabile, sempre qualcuno che muore, e al risveglio un'angustia che fa riemergere tristezze e inquitudini che evidentemente ancora richiedono di essere attraversate, e solo così rimarginate.
Possibile che questo per me sia così difficile, e richieda così tanto tempo?
Eppure sì, sono convinta che resta un nucleo dolente sul quale ancora devo lavorare.
Ma il mio presente non manca di cose belle e amatissime: Cristiano, la nostra casa che mi pare un castello, la tenera compagnia del piccolo Ronnie, questo spazio per le mie parole e i miei pensieri in libertà, il progetto del Cerchio Azzurro e il lavoro per Incontro Italiano, che ha avuto bisogno di un po' di rodaggio ma ha anche portato le prime soddisfazioni. Tante piccole-grandi conquiste, materiali ma soprattutto interiori.
Non le avrei pensate così difficili, avendo contato ingenuamente su forze intellettuali che invece da sole non bastano sempre a dare un senso, a darci risposte, a segnarci la via.
Ho pensato che tutto fosse già scritto quando ancora c'erano solo pagine bianche, e ad oggi mi accorgo che queste pagine esistenziali si sono riempite di vicende ed esperienze che era molto difficile preventivare quando mi sembrava di avere capito dove portare la mia vita.
Il senso ultimo, poi, chissà mai se possiamo davvero comprenderlo, anche alla fine del cammino...
Chissà se l'hanno compreso i miei amatissimi nonni, che tanto hanno vissuto, sofferto, attraversato... e dai quali vorrei non dovermi separare mai...
A volte mi pare di non poter nemmeno sopravvivere senza questi punti di riferimento affettivi. Ma poi mi dico che quando sarà, bisognerà trovare la forza di continuare il cammino portandosi nel futuro tutto questo immenso patrimonio di bene, di presenza, di amore che mi proviene dal passato e dal presente.

Laura

15 luglio 2009

SULLA MORTE DI MICHAEL JACKSON

Tanto si è scritto e detto sull'argomento, e inutili fiumi d'inchiostro ancora si sprecheranno.
Secondo me, tutto quel che valeva la pena di dire su questa persona, che in fin dei conti - anche ammesso che fosse responsabile di reati di pedofilia (per i quali, si intende, doveva in tal caso essere giudicato, perseguito, se possibile curato) - mi suscita una gran pena, è racchiuso in questa paginetta di Bernard-Henry Lévy, apparsa su Corriere.it il 30 giugno:

Innanzitutto, le cose. Il sacro orrore delle cose. Un’attrezzatura di maschere, corazze, parasole, oggetti instabili, una bolla soffocante e al tempo stesso sovra-ossigenata, chiusa e sovra-esposta, che funzionava come una serra e lo preservava dalla grande contaminazione delle cose. Non solo, come è stato detto, i virus, i germi, i batteri. Ma la vita stessa come un germe. Il vivo come un batterio.
La materia, gli oggetti, l’aria che respirava non appena si avventurava fuori del suo caro Neverland, divenuti fonte d’infezione, pestilenza, ossessione macabra, scuola del cadavere. I dandy erano così. Intendo dire i grandi dandy. I fondatori della tradizione. Barbey. Beau Brummel. Wilde e il suo Dorian Gray. Tacchi rossi per danzare al di sopra di un mondo di miasmi e di umori. Belletti e artifici per sfuggire al De Profundis di un baratro definitivamente parassitato. Senza parlare di Baudelaire che, del suo disgusto per la natura e le sue mostruose proliferazioni, aveva fatto il principio della propria estetica, della propria politica. Michael Jackson era il loro erede. Michael Jackson, con i suoi dischi in vinile, i latex, la casa mausoleo, i terrori profilattici e anche, beninteso, i saltelli da danzatore geniale assediato da ogni parte dalla luce, era l’ultimo di questi grandi dandy. Aggiungete la cura morbosa che, pare, dedicava al proprio corpo. La storia della cassa a ossigeno dove si preparava, instancabilmente, per chissà quale toilette funeraria. Non è morto per una overdose di farmaci, ma per aver voluto non solo inventare, ma inocularsi un vaccino contro la vita. Poi gli altri. Veramente gli altri. Non più le cose, ma gli umani. Il loro contatto. La loro prossimità maligna e ripugnante.
La presenza stessa dell’altro, il suo odore, il suo sguardo immediatamente scrutatore — da cui lo proteggevano solo le lenti scure degli occhiali — vissuti come un’offesa, una minaccia, la causa di tutte le violenze, la loro origine. L’inferno? Sì, l’inferno. Un Jackson sartriano, stavolta. Oppure, il che è lo stesso, un Jackson cataro. Un Jackson di cui il minimo paradosso non è quando scrive «We are the world», quando rende popolare quel che bisogna pur chiamare l’umanitario contemporaneo, di vedere l’umanità come fallimento, gli uomini come piaghe e la loro società come male necessario, compromesso obbligato, accomodamento degradante al quale un artista non può consentire che controvoglia.
Questa reincarnazione di Peter Pan pensava sinceramente, per esempio, che i bambini fossero concepiti senza contatto. Questo adulto incompiuto nutriva il folle sogno — e, in un certo senso, lo esaudì — di concepire i propri figli senza contatto, quasi senza madre. Questo misantropo, questo mutante, fu uno degli ultimi umani a credere agli antichi teoremi dell’inconveniente d’esser nato. E a viverli. Generazione, corruzione... Desiderio privo di concupiscenza... Il che, sia detto
en passant, rende perlomeno assurdi i processi di stregoneria istruiti contro di lui negli ultimi dieci anni della sua vita e che furono una persecuzione senza fine. Michael Jackson non voleva essere un bambino ma un santo. O un angelo. E gli angeli, come sappiamo, non hanno sesso. O l’hanno soltanto nell’immaginazione dei perversi che a essi attribuiscono i propri fantasmi.
Poi infine, se stesso. Il proprio corpo, il proprio volto, visti come minacce ancora più grandi, come luoghi di ogni pericolo. Il nemico intimo ma spietato, che la vita intera non sarà sufficiente per annientarlo o domarlo. Anche qui, si sfiora appena la singolare avventura di Michael Jackson, si sbaglia sulla folle metamorfosi che egli impresse al suo volto, non si capisce nulla delle operazioni di chirurgia a ripetizione che egli si inflisse di continuo, se riduciamo tutto a un fatto di pigmenti: razza, antirazza, odio di sé, malessere, sentirsi a disagio nella propria pelle, bla bla. Guardate le sue foto. Osservate l’epidermide, effettivamente sempre più bianca, ma come passata nella calce viva. Il naso ormai quasi inesistente, le labbra divorate dall’interno, i pomelli smagriti come quelli di una maschera jivaro o di una testa di Giacometti. Scrutate i suoi tratti assottigliati, la pelle ruvida, gli occhi che sembrano stare al loro posto come un anello al dito di uno scheletro. Considerate il restringimento — un filosofo direbbe questa
époché — di un viso ridotto alla sua più semplice inespressione e diventato il proprio sosia. Il viso non è forse la firma stessa dell’essere umano? La sua verità? La maniera in cui si espone e si esprime? Il segno della singolarità di ciascuno, della sua inestimabile unicità? Eh sì. È sempre questo, un volto. Ed è proprio per questo che la terza tappa, il modo di torturare, mortificare, profanare e, alla fin fine, cancellare il proprio volto deve leggersi come l’ultima stazione di un lungo, terribile calvario. Infatti, giunti a tale stadio, quando si è deciso di sfuggire al regno delle cose, poi di uscire dai ranghi degli umani, poi di divenire un umano senza volto, non rimane molta scelta. O si reinventa l’umano, si diviene realmente trans-umano, l’operazione Ogm (organismo geneticamente modificato) riesce. Oppure si muore.

LETTURE (DI ALTO PROFILO) DA METTERE IN VALIGIA

Il catalogo aggiornato e ragionato delle novità Collezione Harmony.
Va bene che leggere è sempre meglio che non leggere, però...

Laura

CIALTRONERIE ESTERE - NEL CASO NON CE NE FOSSIMO ACCORTI...

...Daniel Radcliffe, alias Harry Potter, si è traghettato oltre il muro di tempeste ormonali e angosce esistenziali della pubertà.
Non importa se vivevamo bene anche senza sapere a che punto fosse la sua metamorfosi adolescenziale. La stampa gossipara, e in questo caso anche la poderosa macchina pubblicitaria che si muove alle spalle di Radcliffe (gioverà ricordare che il nostro è stato lanciato nella precoce carriera cinematografica da una madre casualmente direttrice di casting), da mesi ci ricorda e sottolinea, in ogni modo e occasione, che per il tenero maghetto occhialuto è ormai avvenuta la classica "muta della voce" (a seguito della muta di qualcos'altro, come si evince dalla testimonianza fotografica qui sopra), e che il nostro è ormai un vero, rampante e aggressivo sex-symbol.
Ideale pretesto per ossessionarci sull'argomento: il ruolo di protagonista assunto da Radcliffe nella piece teatrale Equus, nella quale si è ben pensato di farlo recitare come mamma l'ha fatto, in modo tale da preparargli il salto di carriera da baby-divo a star dotata di appeal sessuale. Onde evitare che ancora a quarant'anni lo identificassimo tutti con Harry Potter.
Ora, a parte l'evidente gracilità del giovane, che decisamente non mi pare avere un adeguato fisico del ruolo, povera stella, l'inquietante interrogativo è:
MA CE NE FREGA QUALCOSA DI QUANTO E' DIVENTATO GRANDE IL SUO PISTOLINO
(sul quale peraltro ho sospetti di fotomontaggio o giochini Photoshop)?
Mah...

Laura

13 luglio 2009

CHE BEL FILM!!!

Ieri sera abbiamo visto al cinema
Coco avant Chanel
la storia della grande sarta e stilista, centrata soprattutto sul periodo della sua vita che precedette la celebrità.
Che vita, che donna, che temperamento, ragazzi!!!
Un bel film romantico, ma senza retorica, girato bene, con luci e colori azzeccati, per niente patinati, ricostruzioni perfette e una bravissima Audrey Tatou.
Il suo grande amore perduto, l'inglese Boy Capel, del quale potè essere solo l'amante e che morì tragicamente in un incidente d'auto, è interpretato da tale Alessandro Nivola, che - posso dirlo? - ha un po' del pesce lesso... però è un gran figo!!!
Per due ore sono proprio entrata in un'altra dimensione, e non sapevo se mi piacevano di più i look déco e mascolini di Coco oppure gli abiti fruscianti, i grandi cappelli e le piume da lei così osteggiati, eppure a loro modo anch'essi meravigliosi, ed eleganti di un'eleganza che credo, come tante altre manifestazioni di cultura, per sempre perduta da questa nostra epoca di decadenza...

Laura

8 luglio 2009

CIALTRONI ITALICI - SOTTOCATEGORIA RICICLATI

Beccatevi Aldo Grasso che con impeccabile aplomb demolisce la nuova trasmissione condotta da Enrico Ruggeri su Italia 1, la rete Mediaset per i ggggggiovani, ossia Mistero:

http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Televisioni&vxClipId=2524_3d2e0d46-6bd7-11de-af15-00144f02aabc&vxBitrate=300

"Mistero
de che?" si chiede Grasso, e vi chiederete giustamente anche voi.
Presto detto: mistero di come un simile campione di cialtroneria italica (peraltro, come osservato da chi come Grasso di TV se ne intende, del tutto inadatto a bucare lo schermo, causa penosa mancanza di fisico del ruolo, presenza, gestualità, voce, pronuncia e chi più ne ha più ne metta; vale a dire una vera scarpa), come un simile campione, dicevo, possa registrare dati di ascolto più che rispettabili con interviste come quella della quale il video di Corriere.it vi propone un gustoso assaggio.
Non vi anticipo nulla perchè veramente vale la pena di non sciupare l'effetto sorpresa con commenti introduttivi.
Inoltre, siccome non siamo proprio tutti rincoglioniti ma ancora qualcuno si salva, ecco quanto ci fa notare uno spettatore di Mistero dall'occhio di falco:

Buona visione!

Laura

BIZZARRE SITUAZIONI

Arthur Rackam, The Cow Jumped Over the Moon (1913)

7 luglio 2009

VORREI BUTTARE GIU' QUALCHE PENSIERO...

...ma stasera sono davvero troooooooooppo stanca.
Buonanotte!

Laura

6 luglio 2009

AMOOOOOREE!!! SEMBRA IL NOSTRO RONNIE!!!

Ratatouille... è uguale al mio amore Ronnie!!! IDENTICO!!! (a parte la coda...)

2 luglio 2009

...MA PER FORTUNA C'E' SEMPRE DA RIDERE

Un paio di esempi di cialtroneria estera all'altezza dei migliori esempi nostrani:

1. Nicole Kidman dichiara su Io Donna di qualche mese fa che sta scoprendo quanto è faticoso fare la mamma. Si vede, poverina, è veramente sfatta!
2. Bobby Trend e Phoebe Price: due emeriti mentecatti che mai ho sentito nominare (ma forse sono io ad essere ignorante in materia di jet set rockettaro), a cui credo basti dare una semplice occhiata, senza che la loro presenza in questa rubrica debba essere spiegata da alcuna chiosa.

Laura