25 agosto 2008

DIARIO AMERICANO - PRIMA PUNTATA

And so... here we are... quasi non abbiamo fatto in tempo a renderci conto di essere nel Nuovo Mondo, e già è ora di tornare... Però mi sembra di essere stata qui un mese, anzichè pochi giorni, tante sono le cose che abbiamo visto e fatto, e tante sono state le scoperte, e tanti gli incontri.Abbiamo avuto la possibilità di conoscere quest'angolo d'America "dall'interno", sbirciando nelle case e nella vita di diverse persone che abitano qui, e che hanno storie e modi di vivere fra loro molto diversi: Luigi, italo-americano che si è "fatto da sè" vent'anni fa, sposato ad Annamaria, italiana d'origine ma nata in America; persone ormai anziane che hanno però vissuto esperienze giovanili in Italia e le hanno ricordate con emozione; giovani di diverse origini, fra cui una coppia di messicani nostri coetanei - Salvador, avvocato, spesso coinvolto in cause civili a difesa di persone in difficoltà, e Mayra, insegnante - e poi Nick e Ted, il primo pure messicano, il secondo di origine russa, che lavorano come camerieri in uno dei più lussuosi alberghi - ristorante di Chicago.
Un po' di tutto, insomma, perchè l'America è davvero un Paese dove di tutto si può vedere, conoscere, incontrare... teste diverse, culture diverse, e appunto diversi stili di vita.
C'è spazio per tutti, e un buon livello-base di qualità della vita è garantito a buona parte della popolazione, almeno nelle grandi e ricche città come questa. Law & Order, e puoi vivere piuttosto bene; soprattutto puoi vivere secondo il tuo stile di vita, le tue convinzioni, le tue idee, i tuoi credo, e nessuno sindaca, nessuno ti rompe le palle, non c'è un gregge a cui per forza aggregarsi, non c'è una massa che vive in un modo solo sperando sempre di poter diventare come si vede in televisione. Che, pure, da queste parti non si può non dire presente.L'impressione che qui, e DA qui, si ha dell'Italia, è quella di un Paese piccolo piccolo; un Paese arretrato e lontanissimo, certo bello da vedere, da visitare e scoprire, unico per le sue bellezze artistiche e naturali e la buona cucina, ma per tutto il resto ben poco interessante.In generale, comunque, le immense ricchezze di cui ancora può largamente godere hanno abituato questa gente a sentirsi forte, e decisamente autosufficiente.
Del resto, quando si vive in una città come Chicago si ha davvero molto a disposizione. La tranquillità economica, e poi tante cose che elevano la qualità della vita, al di là del lavoro che si svolge: spazi verdi e un lago meraviglioso, vastissimo, quasi un mare; cultura, musica, arte, eventi alla portata di tutte le tasche, anzi spesso gratuiti e di livello buono, quando non eccellente; grandi spazi per vivere bene senza arrecare disturbo agli altri, strade ampie dove può diventare un piacere anche andare in macchina, e una squisita gentilezza che va di pari passo con un'attenzione per noi - purtroppo - sorprendente per ciò che è di pubblica proprietà e utilità.
Certo, il Paradiso non esiste nemmeno qui. Le contraddizioni ci sono, e a volte sono forti, il futuro politico del Paese in questo momento non è chiaro perchè Obama e McCain sono più o meno in pari e l'elettorato è incerto, il problema dell'immigrazione aumenta e preme sull'economia con effetti pesanti, le sacche di povertà continuano ad esistere. E i più consapevoli sono preoccupati, perchè sanno che le risorse non saranno infinite nemmeno qui, e a livello internazionale i colossi orientali daranno del filo da torcere, portando verso nuovi assetti ancora tutti da sperimentare e che per adesso risultano difficili da prevedere.

Ma dall'osservatorio di un turista tutto questo è solo un'eco lontana in mezzo a un coro festoso e solenne di luci, colori, cieli sempre diversi, tramonti che si riflettono sulle acque del lago popolato di barche e di vele, immensi palazzi di vetro e cristallo, grattacieli che paiono davvero bucare le nuvole e non finire mai, musica, vita, movimento, una mescolanza pulsante di etnie e, appunto, stili di vita, ideologie, culture, modi di vestire e di pettinarsi.

Siamo arrivati venerdì 15 agosto, e la sera stessa, ignorando il jet lag, siamo subito andati downtown a vedere lo spettacolo notturno della città. La prima scoperta è stata quella della metropolitana all'aperto, sospesa in mezzo ai grattacieli illuminati: l'elevator, come la chiamano qui, che ad un certo punto, giunta proprio in centro, abbandona il rettilineo e gira ad angolo quasi retto, seguendo l'itinerario del cosiddetto loop, l'anello che unisce le stazioni centrali, toccate da diverse linee. Abbiamo anche fatto in tempo a sentire una parte di concerto al Jay Pritzker Pavilion, il teatro di Frank Gehry al Millennium Park: un'orchestra e un coro giganteschi con un programma di cori celebri. Un po' americano nell'impostazione vagamente kitsch, però belle musiche, buona esecuzione, e soprattutto un luogo magico, spettacolare.
Il 16, primo giorno interamente trascorso in centro. Un assaggio della grande metropoli prima di partire per tre giorni di vita di campagna sul lago Michigan. Abbiamo cominciato con il Museum of Contemporary Art (MCA, http://www.mcachicago.org/), con una bella temporanea dedicata a Jeff Koons. Coniglietti di alluminio, specchi a forma di pecora, un vero e proprio monumento pop a Michael Jackson e le solite foto super porno dei bei tempi del matrimonio con Cicciolina; poi abbiamo visto anche alcune delle opere della collezione del museo, che a rotazione espone sempre una parte della collezione stessa.
Dopo, per renderci conto del volto della città, abbiamo fatto una boat trip che ci ha portati anche sul lago per godere dello spettacolo dello sky line; cielo un po' temporalesco, tante nuvole in movimento, luce quasi da tramonto, e questi incredibili edifici che sembrano fare a gara nel loro svettare verso l'alto. Fra i grattacieli visti dal fiume, quello di Mies van der Rohe e quello in costruzione voluto da Donald Trump. Fra l'altro, presto il panorama sulle rive del lago sarà arricchito da una nuova meravigliosa torre di Santiago Calatrava.Alla sera siamo stati nella zona del lungo-lago, il Navy Pier, pieno di ristoranti, attrazioni e luci, e abbiamo mangiato da Riva, un ristorante di origine italiana noto ai turisti; per essere americana, abbiamo mangiato un'ottima zuppa di pesce, ed è stato qui che abbiamo scoperto che da queste parti l'acqua con ghiaccio è gratis, e viene servita nuovamente non appena il tuo bicchiere è vuoto. Una piccola, ma interessante e significativa dimostrazione di civiltà.Dopo cena, fuochi d'artificio sulle acque del Michigan, i più belli che abbia mai visto.E così abbiamo chiuso gli occhi sulla nostra prima serata americana.Ma naturalmente il racconto è molto lungo, questo non è che il primo capitolo.Il resto, alla prossima puntata. Che vedrà la luce quando già saremo a casa.Passo e chiudo!
Laura

11 agosto 2008

CI SIAMO QUASI...

Mancano pochi giorni a Ferragosto, e alla nostra partenza per l'America.
Spero che questo viaggio porti una ventata di novità e di cose un po' diverse, anche se ovviamente molto dipenderà da come me lo vivrò.
Certo da qui non si desidera che scappare. Anno dopo anno, questa città nel tempo dell'estate diventa sempre più squallida e triste. La sua bruttezza, la sua mancanza di cultura, la sua sostanziale infelicità si manifestano con particolare crudezza, come se il vuoto delle strade arroventate permettesse loro di gonfiarsi a dismisura, di diventare delle specie di mostruosi blob che la invadono senza incontrare più l'ostacolo della folla, del traffico, del rumore.
Non sono un'amante della ressa in cui viviamo perennemente immersi e soffocati durante l'inverno; ma non riesco ad apprezzare, come altri, il vuoto delle strade e le serrande abbassate con il cartello del Chiuso per ferie.
E' pur vero che molte persone, a differenza degli anni scorsi, restano in città e in molti casi non smettono neanche di lavorare. Ma è la città che non sa adeguarsi a questi cambiamenti sociali importanti, che fra l'altro non sono nemmeno un segnale positivo perchè indicano che tanta gente non può più nemmeno permettersi un minimo di riposo. E se un tempo i negozi potevano anche rimanere chiusi quasi un mese intero, tanto ben pochi potevano averne bisogno, oggi come oggi queste serrande abbassate mi paiono anche un segno di egoismo e di indifferenza nei riguardi di chi rimane, di chi non può permettersi di spezzare la continuità della fatica lavorativa.
Il lavoro e il riposo sono entrambi diventati un lusso, laddove dovrebbero essere semplicemente dei diritti sociali acquisiti, distribuiti con equità e con la considerazione e il rispetto delle capacità di ognuno.
So perfettamente di non inventare nulla, anzi di scrivere delle grandi banalità. Ma constatare di vivere in un sistema ingiusto, squilibrato e incapace di rendere la gente non dico felice (dato che la ricerca e la conquista della felicità devono in parte rimanere un'utopia squisitamente individuale, da non demandare come uno scaricabarile alla società), ma almeno serena, in quanto garantita nei diritti fondamentali al lavoro, alla salute, e perchè no anche allo svago, non smette di indignarmi profondamente.
In questo posto non si può che lavorare.
Il lavoro diventa un formidabile anestetico rispetto alla solitudine, al vuoto, alla mancanza di dialogo con i propri simili, di un dialogo VERO, non di poche scemenze che ci si urla davanti a un beverone nel frastuono dell'happy hour, tanto per passare mezz'ora insieme dopo secoli che non ci si frequenta.
Forse sono io che sono incontentabile, che pretendo troppo, che avevo pensato che i rapporti umani fossero qualcosa di diverso.
Eppure mi sembra anche che le cose vadano di molto peggiorando, e che tanta gente viva lo stesso disagio.
Anche la fuga diventa difficile, perchè questo modello, fatto di rumore perenne, consumi voraci, corsa all'acquisto, pubblicità incessante, ossessiva, martellante, televisione monnezza, trionfo del trash, dell'orrore etico ed estetico, mostri edilizi e mancanza di spazio vitale, ormai viene esportato, deborda, esce dai confini delle città che non gli bastano più e invade e inquina e infetta anche i luoghi del silenzio, della natura, della pace e del riposo. E così le mete dei propri sogni diventano sempre più lontane, sempre più irraggiungibili, e si confondono con dei luoghi psichici, immaginari, diventano un luogo della salvezza morale e spirituale che non capisco più se stia fuori o dentro di noi.
Io veramente non avrei pensato di riuscire a vivere così male.
Ho pensato ingenuamente di poter vivere bene NONOSTANTE tutto questo, secondo I MIEI parametri, I MIEI principi, I MIEI valori; ma questa società ti emargina, ti isola, ti ignora se non riesce a cooptarti con la violenza, a comprarti, ad espugnarti. Ti corrompe oppure ti fa morire d'inedia.
L'unica salvezza resta una passione vera, profonda, indistruttibile, qualcosa che ti dà un senso al di là del lavoro, al di là dell'orrore del nulla. Chi ce l'ha, come Cristiano, è salvo.
Chi non ce l'ha, o l'ha persa per strada come si perde alle volte la fede, è perduto.
Io veramente mi sento spesso perduta.
Per questo mi auguravo, e torno ad augurarmi, di saper trarre qualcosa di psicologicamente buono dal viaggio che mi aspetta.
Laura