



Qui sopra potete vedere alcune immagini del loro lavoro.
Le tele digitali di Guyton non mi sono piaciute, le ho trovate rigide e per niente comunicative, nonostante la presenza di elementi volutamente "sporchi" nella perfezione della forma geometrica e della riproduzione digitale.
Invece è senz'altro interessante, ma molto molto difficile per me, soprattutto ad un primo impatto senza previa preparazione, il lavoro a sfondo sociologico della Sullivan: un'installazione distribuita su due stanze e articolata in due proiezioni, un video a colori che consiste nella riproduzione di quello che pare un vecchio filmino di vita familiare, forse una festa di matrimonio in un giardino negli anni '60/'70, e tre schermi sui quali invece vengono trasmessi degli sketches in bianco e nero recitati da attori professionisti, in un clima fra il surreale-grottesco, l'espressionista e anche, direi, non privo di qualche lontana reminiscenza di teatro grotowskiano e kantoriano. Nel comunicato stampa si legge che la ricerca della Sullivan si concentra molto sull'analisi del sociale e dei suoi cambiamenti, ma è chiaro che per capirci qualcosa di più dovrò documentarmi per bene.
Infine abbiamo visto un lavoro anch'esso molto articolato e sperimentale della Tandberg, che era presente, organizzato in esposizione di fotografie di medio-grande formato + proiezione a parete di un filmato in cui l'artista stessa scrive ripetutamente su un foglio delle frasi che progressivamente modifica alterando lettere e sillabe nelle parole che le compongono. La proiezione era ovviamente collegata, nei suoi contenuti e nel suo messaggio, alle fotografie, che però mi hanno colpito di più e indipendentemente dal significato complessivo dell'opera. Ritraggono persone il cui volto viene trasformato in teschio o deformato orribilmente attraverso fotomontaggi ed elaborazioni digitali, facendone così delle creature deformi e spaventose che sembrano discendere dritte dritte dalla maschera sconvolta dell'Urlo di Munch.
Anche questo, quindi, un lavoro molto teso e drammatico, apparentato per sensibilità e tematiche a quello della Sullivan.
Usciti dalla galleria, ci siamo avviati per tornare a casa, e siamo passati davanti alla piccola libreria L'Atalante di via Tadino (http://www.atalante.it/), risolvendoci finalmente ad entrare.
E così abbiamo scoperto i suoi proprietari, Paolo e Vilma, che subito ci sono parsi due tipi interessanti e senz'altro fuori dal coro! Lui appassionato di jazz (ha scritto anche una breve storia del jazz edita anni fa da Bruno Mondadori) e cinema, lei sorridente e affabile, entusiasta e desiderosa di vivere fuori dall'ordinarietà e dall'ovvietà.
Senza indugi gli abbiamo proposto una cenetta etnica, e siamo convinti che ci siano delle buone premesse per una nuova e stimolante amicizia...
Laura