30 gennaio 2009

UNA BELLA INAUGURAZIONE E DUE NUOVI AMICI

Ieri sera inaugurazione di ben tre personali alla galleria Giò Marconi in via Tadino (http://www.giomarconi.com/), con i soliti noti frequentatori di vernissages: giovanotti languidi, generalmente accoppiati, belle fanciulle con le labbra tumide a forma di cuore, vestitini alla Betty Boop e zatteroni ai piedi, radical-chic finto-trasandati, signore datate non ancora guarite dall'ansia di presenzialismo ed esibizionismo, qualche autentico intellettuale veramente sgarrupato e come degno contorno, la solita coppia Cicì e Bubù: artista noto, anche lui datato e con parrucchino o capelli vistosamente tinti, + artista datato non noto, e non ancora rassegnatosi alla mancata notorietà e al mancato successo, che si fa vedere vicino al grosso nome spacciandosi per suo fraterno amico mentre in cuor suo lo brucerebbe per l'invidia. Il ben noto circo degli aficionados ieri sera è convenuto da Giò Marconi per vedere i nuovi lavori di Wade Guyton, artista digitale astratto classe 1972, Catherine Sullivan, videoartista, e Vibeke Tandberg, anche lei in mostra con una video-fotoinstallazione.
Qui sopra potete vedere alcune immagini del loro lavoro.
Le tele digitali di Guyton non mi sono piaciute, le ho trovate rigide e per niente comunicative, nonostante la presenza di elementi volutamente "sporchi" nella perfezione della forma geometrica e della riproduzione digitale.
Invece è senz'altro interessante, ma molto molto difficile per me, soprattutto ad un primo impatto senza previa preparazione, il lavoro a sfondo sociologico della Sullivan: un'installazione distribuita su due stanze e articolata in due proiezioni, un video a colori che consiste nella riproduzione di quello che pare un vecchio filmino di vita familiare, forse una festa di matrimonio in un giardino negli anni '60/'70, e tre schermi sui quali invece vengono trasmessi degli sketches in bianco e nero recitati da attori professionisti, in un clima fra il surreale-grottesco, l'espressionista e anche, direi, non privo di qualche lontana reminiscenza di teatro grotowskiano e kantoriano. Nel comunicato stampa si legge che la ricerca della Sullivan si concentra molto sull'analisi del sociale e dei suoi cambiamenti, ma è chiaro che per capirci qualcosa di più dovrò documentarmi per bene.
Infine abbiamo visto un lavoro anch'esso molto articolato e sperimentale della Tandberg, che era presente, organizzato in esposizione di fotografie di medio-grande formato + proiezione a parete di un filmato in cui l'artista stessa scrive ripetutamente su un foglio delle frasi che progressivamente modifica alterando lettere e sillabe nelle parole che le compongono. La proiezione era ovviamente collegata, nei suoi contenuti e nel suo messaggio, alle fotografie, che però mi hanno colpito di più e indipendentemente dal significato complessivo dell'opera. Ritraggono persone il cui volto viene trasformato in teschio o deformato orribilmente attraverso fotomontaggi ed elaborazioni digitali, facendone così delle creature deformi e spaventose che sembrano discendere dritte dritte dalla maschera sconvolta dell'Urlo di Munch.
Anche questo, quindi, un lavoro molto teso e drammatico, apparentato per sensibilità e tematiche a quello della Sullivan.
Usciti dalla galleria, ci siamo avviati per tornare a casa, e siamo passati davanti alla piccola libreria L'Atalante di via Tadino (http://www.atalante.it/), risolvendoci finalmente ad entrare.
E così abbiamo scoperto i suoi proprietari, Paolo e Vilma, che subito ci sono parsi due tipi interessanti e senz'altro fuori dal coro! Lui appassionato di jazz (ha scritto anche una breve storia del jazz edita anni fa da Bruno Mondadori) e cinema, lei sorridente e affabile, entusiasta e desiderosa di vivere fuori dall'ordinarietà e dall'ovvietà.
Senza indugi gli abbiamo proposto una cenetta etnica, e siamo convinti che ci siano delle buone premesse per una nuova e stimolante amicizia...
Laura

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