27 novembre 2012

IL CROLLO DI UN MITO

La notizia dell'addio di Rossana Rossanda, e di altri preziosi collaboratori, al giornale da lei stessa gloriosamente fondato, Il Manifesto
mi lascia veramente l'amaro in bocca. Anche considerando la lunga agonia della testata, da anni alle prese con enormi problemi finanziari, e le modalità "frontali" con cui si sta consumando in questi giorni il divorzio fra la Rossanda e gli altri e il nuovo direttivo del giornale; direttivo che ha liquidato con due righe sprezzanti la lettera aperta con cui Marco D'Eramo spiegava le ragioni del suo peraltro soffertissimo allontanamento, e che non pare più che tanto turbato da questi abbandoni. Reazione, credo, solo in parte psicologicamente controbilanciata per il diretto interessato dalla forte solidarietà espressa da molti colleghi con una lettera corale pubblicata su MicroMega: 
Non so, mi pare che questa débacle parli in maniera tristemente eloquente dello sgretolamento non solo economico, ma anche sociale, politico, culturale che stiamo attraversando a livello globale, oltre che locale.  
Un giornale come Il Manifesto, a prescindere dal trovarsi o meno allineati ideologicamente alle posizioni che ha sempre espresso, è un pezzo della storia giornalistica italiana del Dopoguerra. E' stato fondato e "fatto" da fior fiore di intellettuali, gente riconosciuta e stimata anche fuori dai confini nazionali, uomini e donne (a partire proprio dalla Rossanda) di politica e cultura, nonché giornalisti, di raro livello, che avevano in testa una certa idea della cultura stessa, una certa idea (alta, altissima) del fare politica attraverso il giornalismo, un desiderio e una capacità di analizzare, capire, approfondire, "fotografare" la società moderna e contemporanea a 360 gradi, e anche di lottare per cambiarla e migliorarla.
Tutto questo pare oggi vaporizzarsi nell'aggressivo qualunquismo dei nuovi rampanti dirigenti del giornale, nella loro arrogante indisponibilità al dialogo (che Rossanda chiama in causa, nell'intervento pubblicato da MicroMega con il quale ha voluto spiegarne pubblicamente le ragioni, come uno dei principali motivi del suo abbandono) e nella loro assoluta indifferenza alle ragioni e alle proposte dell'interlocutore per affrontare e superare in maniera solidale e compatta i travagli non solo economici del giornale. Questa indisponibilità e questa indifferenza si esplicitano come espressione diretta e, vorrei aggiungere, tragica del clima che viviamo e respiriamo qui nel paese dei balocchi ma anche, lo si sa e lo si vede, in generale nella società globale smarrita e squassata che si agita e cerca soluzioni, risposte e identità fuori dai confini nazionali.    
Duole veramente dover constatare che certi atteggiamenti intolleranti, autoritari, irrispettosi e sprezzanti nei riguardi di coloro senza i quali Il Manifesto non sarebbe nemmeno esistito siano arrivati a corrodere certe realtà che abbiamo tanto sperato ne sarebbero rimaste immuni, come ultimo ed estremo baluardo contro la barbarie della cultura e della civiltà.   

Laura       

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