Da La seduta è aggiornata
(D di Repubblica 24 nov 2012)
Dice lo psicoanalista inglese Adam Phillips che oggi in analisi non ci si va più a conoscere se stessi.
E allora?
"Mi spiego - chiarisce al telefono dal suo studio di Londra - conoscere se stessi può essere utile, ma non deve restringerti la vita. La verità è che le persone vanno in analisi per smettere di essere troppo interessate a sé. Per aprirsi al mondo esterno, agli altri. Io credo che lo scopo della psicoanalisi sia rendere le persone libere di dimenticare un po' se stesse. Perché sono cambiate due cose:
1. Le pressioni del capitalismo contemporaneo hanno reso molto difficile avere legami reali, l'idea stessa di cosa sia una relazione è stata sabotata. E l'analista è una continuità nelle loro vite dove spesso non ce ne sono più altre.
2. E' sempre più facile sentirsi frustrati ma è sempre più difficile sapere perchè lo siamo, cioè cosa ci manca davvero. E la psicoanalisi è fatta di conversazioni che puntano a farti scoprire qualcosa sulla natura delle tue frustrazioni in una cultura che ti permette di alleviarle inducendoti a consumare oggetti, sostanze, tutto pur di non provarle più. E riuscendoci sempre meno.
(...)
L'idea di fare delle frustrazioni un'esperienza interessante, e non l'ultima sensazione che hai voglia di provare sulla terra, non è mai stata così utile.
In brutali parole moderne: la psicoanalisi nel 2012 dovrebbe ridurre lo spread fra le nostre frustrazioni e ciò che le genera, tra la vita che facciamo e quella che non faremo mai se (...) non ci diamo una regolata, riscoprendo ciò che l'illusione indotta di essere speciali ci fa perdere.
(...)
E' una buona cosa che l'analisi sia sbeffeggiata, fuori moda e accerchiata da alternative meno costose e più veloci, così la faranno solo quelli che la trovano illuminante, difficile, che sono disperati o curiosi su se stessi. E non perché sia la cura migliore.
(...)
Per citare Sherry Turkle (una delle prime studiose di Internet addiction), siamo tutti "soli insieme". (...). I computer contengono le memorie (lettere, foto), riorganizzano i nostri stati d'animo e abitano le nostre solitudini. Pensiamo al senso di perdita e al lavoro di lutto che ci attende quando si rompe o si smarrisce il nostro partner informatico!
(...)
Il vero tratto comune nella parole dei (...) circa trentacinquenni è la sofferenza diffusa, il "mi tolga quest'inquietudine".
(...)
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