...io e Cristiano auguriamo a tutti...
31 dicembre 2009
17 dicembre 2009
UN NATALE UN PO' COSI'
BUON NATALE, con l'Italia che non va
BUON NATALE, con Berlusconi saldo in sella
BUON NATALE, con il PD sempre più evanescente
BUON NATALE, con il lavoro che non c'è
BUON NATALE, con la scuola di Maria Star
BUON NATALE, con l'impazzimento pre-natalizio negli uffici, gli omaggi aziendali, gli auguri preconfezionati
BUON NATALE, con le polveri sottili
BUON NATALE, con le lagne perchè quest'anno con la crisi non si può gozzovigliare
BUON NATALE, con gli accordi-farsa sul clima
BUON NATALE, con il cine-panettone (che diventa da oggi "film d'essai")
BUON NATALE, con i pestaggi in carcere
BUON NATALE, con le assoluzioni per insufficienza di prove
BUON NATALE, con lo scudo fiscale che ci riporta a casa i soldi sporchi
BUON NATALE, con i pentiti che si pentono, poi no, poi sì, poi no, poi forse, poi non so
BUON NATALE, con Castelli che dice a Saviano "ma va' a ciapà i ratt"
BUON NATALE, con l'insegna di Auschwitz sparita
BUON NATALE, con Bocelli vestito da gelataio osannato come un Padreterno per il cd delle canzoni di Natale, e tutta la folta schiera dei nuovi dei del pianoforte: Cesare Picco, Ludovico Einaudi, Giovanni Allevi ecc.
BUON NATALE, con Sanremo che già incombe (e quest'anno ci porta Emanuele Filiberto di Savoia e Pupo)
BUON NATALE, con la disperazione, la frustrazione, la mancanza di alternative, lo scoramento, la fatica, la stanchezza, i sogni e desideri ancora nel cassetto, la povertà di idee, la mancanza totale di fantasia, la banalità e il semplicismo trionfanti in trono, l'impoverimento delle menti e dei cuori, i cellulari che squillano incessantemente, i bambini ariani della pubblicità del pandoro Bauli che tutti i benedetti anni cantano "A Natale si può fare di più", le pubblicità che suggeriscono di regalare/rsi le chiavette Internet e gli abbonamenti a SKY TV...
BUON NATALE, con Berlusconi saldo in sella
BUON NATALE, con il PD sempre più evanescente
BUON NATALE, con il lavoro che non c'è
BUON NATALE, con la scuola di Maria Star
BUON NATALE, con l'impazzimento pre-natalizio negli uffici, gli omaggi aziendali, gli auguri preconfezionati
BUON NATALE, con le polveri sottili
BUON NATALE, con le lagne perchè quest'anno con la crisi non si può gozzovigliare
BUON NATALE, con gli accordi-farsa sul clima
BUON NATALE, con il cine-panettone (che diventa da oggi "film d'essai")
BUON NATALE, con i pestaggi in carcere
BUON NATALE, con le assoluzioni per insufficienza di prove
BUON NATALE, con lo scudo fiscale che ci riporta a casa i soldi sporchi
BUON NATALE, con i pentiti che si pentono, poi no, poi sì, poi no, poi forse, poi non so
BUON NATALE, con Castelli che dice a Saviano "ma va' a ciapà i ratt"
BUON NATALE, con l'insegna di Auschwitz sparita
BUON NATALE, con Bocelli vestito da gelataio osannato come un Padreterno per il cd delle canzoni di Natale, e tutta la folta schiera dei nuovi dei del pianoforte: Cesare Picco, Ludovico Einaudi, Giovanni Allevi ecc.
BUON NATALE, con Sanremo che già incombe (e quest'anno ci porta Emanuele Filiberto di Savoia e Pupo)
BUON NATALE, con la disperazione, la frustrazione, la mancanza di alternative, lo scoramento, la fatica, la stanchezza, i sogni e desideri ancora nel cassetto, la povertà di idee, la mancanza totale di fantasia, la banalità e il semplicismo trionfanti in trono, l'impoverimento delle menti e dei cuori, i cellulari che squillano incessantemente, i bambini ariani della pubblicità del pandoro Bauli che tutti i benedetti anni cantano "A Natale si può fare di più", le pubblicità che suggeriscono di regalare/rsi le chiavette Internet e gli abbonamenti a SKY TV...
Proprio per tutto questo, e per tutto il resto che non ci stava oppure ho dimenticato, ancora e più che mai
Laura
2 dicembre 2009
UN PREMIER SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO (E DI UNA PESANTE CRISI DI NERVI)
...VUOI DIRE CHE CE LA FACCIAMO???
...VUOI DIRE CHE LO MANDIAMO ALLE BAHAMAS???
...E, INTERROGATIVO A MARGINE MA PER NULLA SECONDARIO, VUOI DIRE CHE SE CI RIUSCIAMO, DOVREMO "RINGRAZIARE", NELL'ORDINE:
1. LA MAFIA (!!!!!!!!), CHE SI E' INCAZZATA PERCHE' NON HA RICEVUTO ABBASTANZA FAVORI IN CAMBIO DEI VOTI CHE GLI HA GARANTITO, E QUINDI ADESSO FA CANTARE I PENTITI
2. DI PIETRO, CON LA MANIFESTAZIONE DI SABATO (CHE IN QUESTA SITUAZIONE TROVO INDISPENSABILE E SACROSANTA)
3. FINI: GIANFRANCO, MAI AVREI PENSATO DI AVERE MOTIVI PER RINGRAZIARTI, MA... GRAZIE PER LE TUE DICHIARAZIONI UFFICIOSE, SGAMATE DAL REPORTER CHE LE HA CONSEGNATE A REPUBBLICA (E ANCHE A COSTUI, GRATITUDINE ETERNA!!!)?
BALZA CHIARAMENTE ALL'OCCHIO L'ASSENZA IN QUESTA LISTA DEL PD, CHE COME AL SOLITO BRILLA PER LA SUA LATITANZA E LA SUA IGNAVIA, TOTALE E ASSOLUTA.
HO COME LA SENSAZIONE DI AVERE ANCORA UNA VOLTA BUTTATO NEL CESSO IL MIO VOTO ALLE PRIMARIE...
HO COME LA SENSAZIONE CHE SMETTERO' DI VOTARE PD.
Laura
30 novembre 2009
27 novembre 2009
...MENTRE INVECE QUI, NELLA GRANDE METROPOLI DEL NORD...
...il nostro Comune e la nostra sindachessa si organizzano per festeggiare degnamente, con l'eleganza e la finezza che li contraddistinguono, il Natale alle porte.
Probabilmente il tema dominante degli ultimi consigli comunali (non essendoci nulla di serio e grave su cui concentrarsi o, se vogliamo essere più rudi, non avendo un cazzo a cui pensare) sarà stato "Come sottolineare ancora una volta che Milano non ha nulla da invidiare alle grandi capitali europee, e nel contempo dare un po' di slancio a questo Natale che si annuncia nella grande metropoli più deprimente e sottotono del solito, causa crisi".
ED ECCO LA GRANDE IDEA!!!
Da City di oggi 27.11:
"Albero di Natale da record in piazza Duomo"
Centomila lampadine a basso consumo e diecimila fiori bianchi addobberanno quest'anno l'albero di Natale di piazza Duomo.
Un abete da record, alto 50 metri e largo 15: il doppio rispetto a qello del Rockfeller Center di New York, ben 20 metri più alto di quello di piazza San Pietro a Roma.
Tre quesiti:
...ma perchè non riusciamo ad affrancarci da questo senso di inferiorità rispetto a quel che fanno all'estero, e soprattutto gli americani?
...perchè non capiamo che non è una semplice questione di misure?
...perchè buttiamo nel cesso tutti i soldi che occorreranno per allestire questo catafalco, proprio in un momento di grave crisi? Sottolineando, per lavarci la coscienza e anche sentirci tanto ecologici e quindi al passo coi tempi, che le lampadine saranno a basso consumo?
E colgo l'occasione per dare il giusto risalto anche a un'altra brillante iniziativa del nostro Comune: l'Ambrogino d'Oro a...
MARINA BERLUSCONI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Quando si dice "un riconoscimento MERITATO"...
Laura
26 novembre 2009
CIALTRONI ITALICI - CATEGORIA "DRAMMATICAMENTE PRIVI DEL SENSO DEL PUDORE"
New entries di questa settimana:
- Lucio Stanca
"Il mio doppio stipendio? Rispondo al Pdl, non a Repubblica"
La replica dell'amministratore delegato alla domanda della nostra cronista sul suo doppio mandato di manager e parlamentare. E ancora, a proposito delle sua assenze alla Camera: "Certo che sprecate molta carta, eh?"
Quel doppio incarico (e stipendio) non è mai stato un problema per Lucio Stanca. Ma nonostante il voto della giunta per le elezioni di Montecitorio che, lo scorso ottobre, ha deciso che la carica di parlamentare e quella di amministratore e vicepresidente di Expo possono convivere, non si placano le polemiche. Soprattutto dopo la pubblicazione sulle pagine di Repubblica delle sue presenze alle votazioni della Camera crollate da quando, lo scorso aprile, Stanca ha preso il comando della locomotiva del 2015. Per quei dati, dice il manager, «devo rispondere agli elettori del Pdl e al gruppo del Pdl, non certo a Repubblica».
Da Repubblica.it
- Gianfranco Rotondi
Intervistato dalla tv web KlausCondicio
Rotondi: «Pausa pranzo, danno per tutti»
Il ministro per l'Attuazione del programma di governo: «Non mi piace questa ritualità che blocca tutta l'Italia»
MILANO - «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l'armonia della giornata. Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l'Italia». A sostenerlo è Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma di governo. Certo, aggiunge nel corso di un'intervista al programma web KlausCondicio, «non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un'attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo».
Da Corriere.it
- Lucio Stanca
"Il mio doppio stipendio? Rispondo al Pdl, non a Repubblica"
La replica dell'amministratore delegato alla domanda della nostra cronista sul suo doppio mandato di manager e parlamentare. E ancora, a proposito delle sua assenze alla Camera: "Certo che sprecate molta carta, eh?"
Quel doppio incarico (e stipendio) non è mai stato un problema per Lucio Stanca. Ma nonostante il voto della giunta per le elezioni di Montecitorio che, lo scorso ottobre, ha deciso che la carica di parlamentare e quella di amministratore e vicepresidente di Expo possono convivere, non si placano le polemiche. Soprattutto dopo la pubblicazione sulle pagine di Repubblica delle sue presenze alle votazioni della Camera crollate da quando, lo scorso aprile, Stanca ha preso il comando della locomotiva del 2015. Per quei dati, dice il manager, «devo rispondere agli elettori del Pdl e al gruppo del Pdl, non certo a Repubblica».
Da Repubblica.it
- Gianfranco Rotondi
Intervistato dalla tv web KlausCondicio
Rotondi: «Pausa pranzo, danno per tutti»
Il ministro per l'Attuazione del programma di governo: «Non mi piace questa ritualità che blocca tutta l'Italia»
MILANO - «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l'armonia della giornata. Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l'Italia». A sostenerlo è Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programma di governo. Certo, aggiunge nel corso di un'intervista al programma web KlausCondicio, «non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un'attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo».
Da Corriere.it
- Anonimo padano
24 novembre 2009
GIA' CENT'ANNI FA QUALCUNO SCRIVEVA CHE...
"Siamo ricchi nelle società civilizzate. Perchè dunque attorno a noi questa miseria? Perchè questo lavoro faticoso che abbruttisce le masse? Perchè questa insicurezza dell'indomani anche per il lavoratore meglio retribuito, nel mezzo delle ricchezze ereditate dal passato e malgrado i mezzi pesanti di produzione che darebbero l'agiatezza a tutti in cambio di qualche ora di lavoro giornaliero?
(...) Perchè tutto quello che è necessario alla produzione: la terra, le miniere, le vie di comunicazione, il nutrimento, il rifugio, l'educazione, il sapere, tutto è stato accaparrato da alcuni nel corso di questa lunga storia di saccheggio, di esodi, di guerre, di ignoranze e di oppressione che l'umanità ha vissuto prima di aver appreso a domare le forze della Natura. Perchè, avvalendosi del preteso diritto acquisito nel passato, si appropriano oggi dei due terzi dei prodotti del lavoro umano che essi abbandonano allo sperpero più insensato, più scandaloso; perchè, avendo ridotto le masse a non aver di che vivere un mese o anche otto giorni, non permettono all'uomo di lavorare se questo non permette loro di prelevare la parte maggiore; perchè gli impediscono di produrre ciò di cui ha bisogno e lo forzano a produrre non ciò che sarà necessario agli altri, ma ciò che promette i più grandi benefici per l'accaparratore.
(...) Noi gridiamo contro il barone feudale che non permetteva al coltivatore di toccare la terra, a meno che non lasciasse un quarto della sua messe. Chiamiamo quell'epoca barbara. Ma se le forme sono cambiate le relazioni sono rimaste le stesse. E il lavoratore accetta, sotto la denominazione di libero contratto, le obbligazioni feudali, perchè da nessuna altra parte troverebbe migliori condizioni.
(...) L'impresa non si mosse molto per i bisogni della società: il suo unico fine è di aumentare i benefici dell'imprenditore. Qua e là fluttuazioni continue dell'industria, crisi di stato croniche, ognuna di queste getta sul lastrico lavoratori a centinaia di migliaia.
L'industria, non potendo gli operai acquistare con i loro salari le ricchezze che hanno prodotto, cerca mercati al di fuori, fra gli accaparratori delle altre nazioni. In Oriente, in Africa, non importa dove, in Egitto, Tonchino, Congo, l'Europa in queste condizioni deve accrescere il numero dei suoi servi. Ma dappertutto trova concorrenti evolvendosi tutte le nazioni nello stesso senso. E le guerre - la guerra permanente - devono scoppiare per il diritto di primeggiare sui mercati.
(...) Ecco il segreto della ricchezza: trovare coloro che vanno a piedi nudi, pagarli tre franchi e farne produrre a loro dieci. Aumentare in seguito con qualche grande colpo grazie al concorso dello Stato."
Petr Kropotkin
La conquista del pane
Edizioni della Rivista Anarchismo
Prima edizione: 1913!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Siamo nel 2009. E' passato quasi un secolo. A voi pare che siamo andati molto avanti?
A me no.
(...) Perchè tutto quello che è necessario alla produzione: la terra, le miniere, le vie di comunicazione, il nutrimento, il rifugio, l'educazione, il sapere, tutto è stato accaparrato da alcuni nel corso di questa lunga storia di saccheggio, di esodi, di guerre, di ignoranze e di oppressione che l'umanità ha vissuto prima di aver appreso a domare le forze della Natura. Perchè, avvalendosi del preteso diritto acquisito nel passato, si appropriano oggi dei due terzi dei prodotti del lavoro umano che essi abbandonano allo sperpero più insensato, più scandaloso; perchè, avendo ridotto le masse a non aver di che vivere un mese o anche otto giorni, non permettono all'uomo di lavorare se questo non permette loro di prelevare la parte maggiore; perchè gli impediscono di produrre ciò di cui ha bisogno e lo forzano a produrre non ciò che sarà necessario agli altri, ma ciò che promette i più grandi benefici per l'accaparratore.
(...) Noi gridiamo contro il barone feudale che non permetteva al coltivatore di toccare la terra, a meno che non lasciasse un quarto della sua messe. Chiamiamo quell'epoca barbara. Ma se le forme sono cambiate le relazioni sono rimaste le stesse. E il lavoratore accetta, sotto la denominazione di libero contratto, le obbligazioni feudali, perchè da nessuna altra parte troverebbe migliori condizioni.
(...) L'impresa non si mosse molto per i bisogni della società: il suo unico fine è di aumentare i benefici dell'imprenditore. Qua e là fluttuazioni continue dell'industria, crisi di stato croniche, ognuna di queste getta sul lastrico lavoratori a centinaia di migliaia.
L'industria, non potendo gli operai acquistare con i loro salari le ricchezze che hanno prodotto, cerca mercati al di fuori, fra gli accaparratori delle altre nazioni. In Oriente, in Africa, non importa dove, in Egitto, Tonchino, Congo, l'Europa in queste condizioni deve accrescere il numero dei suoi servi. Ma dappertutto trova concorrenti evolvendosi tutte le nazioni nello stesso senso. E le guerre - la guerra permanente - devono scoppiare per il diritto di primeggiare sui mercati.
(...) Ecco il segreto della ricchezza: trovare coloro che vanno a piedi nudi, pagarli tre franchi e farne produrre a loro dieci. Aumentare in seguito con qualche grande colpo grazie al concorso dello Stato."
Petr Kropotkin
La conquista del pane
Edizioni della Rivista Anarchismo
Prima edizione: 1913!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Siamo nel 2009. E' passato quasi un secolo. A voi pare che siamo andati molto avanti?
A me no.
21 novembre 2009
MA VE LA DOVETE BECCARE!!!
Tale Laura Scimone da Palermo, già ribattezzata "la Ugly Betty italiana" (ed effettivamente... considerate che la prima dall'alto è lei, la seconda è la Ugly Betty del telefilm americano).
Costei spopola su You Tube con una ricca collezione di video fai da te che sono destinati, secondo me, ad entrare nel libro d'oro del trash on line. Nel suo genere è veramente unica.
Questo è uno dei tanti filmini che ha girato in casa sua (!!!!!!!!!!!!!), ritenendoli meritevoli di diffusione su un suo spazio in My Space, su Facebook ecc.
Ma vale la pena farsi un giro su You Tube e spararsene più d'uno.
http://www.youtube.com/watch?v=xNAAgUZfbAk&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=xNAAgUZfbAk&feature=related
Laura
...EPPURE LETIZIA E' SEMPRE PIENA DI... LETIZIA
...ANCHE IN METROPOLITANA.
ANZI, LE PIACE UN CASINO.
FORSE PERO' DOVREBBE TESTARLA NELL'ORA DI PUNTA, NON FACENDOSI UN VIAGGETTO PER I CAZZI SUOI MENTRE NOI SIAMO TUTTI GIA' COLLOCATI NEI POSTI DI LAVORO (NOI, CHE LAVORIAMO).
CLICCATE SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRLA, E GODETEVI LA CRONACA ENTUSIASTA (E SOPRATTUTTO OGGETTIVA, DATO CHE VIENE DA ATM), DI UN VIAGGIO INDIMENTICABILE. ROBA CHE NEANCHE L'ORIENT EXPRESS...
Laura
20 novembre 2009
CACOFONIE - SOTTOTITOLO: LA METRO DELLE 8.30 DEL MATTINO
"...e quindi noi non dobbiamo farglielo capire, lo sappiamo noi all'interno dell'azienda, ma all'esterno non verrà fuori CHE POI ERO A MONZA, E LI' C'ERA L'UDIENZA PRELIMINARE, MA POI LUI MI HA CHIAMATO E MI HA DETTO sì, sono in metropolitana, no, ho le chiavi, ho lasciato la macchina a Pasteur, ci vediamo a casa E COME AL SOLITO QUELLA STRONZA LE E' ANDATA A DIRE CHE IO NON VOLEVO RICHIAMARE IL FORNITORE, MA GUARDA TU CHE STRONZA allora, apri un attimo Excel, poi vai sull'ultimo file che ho salvato ieri, esatto, no, non quello sul desktop, devi andare nella cartella Ultimissimi, poi vai all'ultima colonna e mi leggi quell'importo lì CIAO MAMI, HO SENTITO IL TUO MESSAGGIO, MA NON POTEVO RISPONDERE, ERO CON GIANNI non so se faccio in tempo a prendere il solito delle sette stasera, per cui semmai arrivo più tardi, ma al limite mi arrangio Stamattina non riuscivo a uscire di casa perchè mio figlio ha ancora la febbre e rogna che non so più cosa dargli, tu quando i tuoi vanno avanti così tanto cosa gli dai? ...pronto avvocato? Sì, buonasera, sono Rossetti, senta, poi non l'ho più richiamata per quella pratica perchè non ho avuto tempo ma comunque la cosa si è risolta bene... E IN OGNI CASO DOMANI RIPRENDO L'ARGOMENTO IN RIUNIONE E VEDIAMO DOVE ANDIAMO A PARARE dato che è evidente che lui non me l'ha voluto dire perchè con noi c'era Claudio che ascoltava e non voleva fargli capire e poi per Natale volevamo andare via qualche giorno, ma non so neanch'io, perchè capisci che ci sono sempre tutti questi casini di mezzo e cosa vuoi, poi bisogna decidere all'ultimo momento, che ti scappa anche la voglia E QUINDI ALLA FINE HO DETTO ANCHE A MIA SUOCERA CHE BISOGNA RICONSIDERARE TUTTA LA SITUAZIONE UN ATTIMO E METTERSI INTORNO A UN TAVOLO bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla ecc."
...e io, che cerco di leggere per sfruttare un po' quella mezz'ora, quaranta minuti di viaggio che ancora mi separa dalla giornata di lavoro, devo rassegnarmi a chiudere il libro.
Si stava così bene senza cellulari nel metrò...
Laura
...e io, che cerco di leggere per sfruttare un po' quella mezz'ora, quaranta minuti di viaggio che ancora mi separa dalla giornata di lavoro, devo rassegnarmi a chiudere il libro.
Si stava così bene senza cellulari nel metrò...
Laura
JOHNNY...
...lo so che c'è Vanessa nella tua vita e non te ne potrebbe fregà de meno.
Ma io te lo dico lo stesso...
Ma io te lo dico lo stesso...
"E anche se non c'è niente qualcosa ci muove, non è possibile stare fermi, non è il nostro posto, l'unica cosa sicura sarebbe non dire e non fare mai niente, e anche così: può darsi che l'inattività e il silenzio sortirebbero gli stessi effetti, identici risultati, o chissà se non addirittura peggiori, come se dal nostro puro e semplice respirare emanassero rancori e desideri vuoti, tormenti che ci saremmo potuti risparmiare. L'unica soluzione sarebbe che tutto finisse e non ci fosse nulla."
Javier Marias
Domani nella battaglia pensa a me
Einaudi
Javier Marias
Domani nella battaglia pensa a me
Einaudi
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18 novembre 2009
HO FATTO UNA PENSATA
In questi giorni mi son detta: purtroppo (perchè non me ne rallegro AFFATTO), la mia rubrica Cialtroni italici, come ampiamente previsto alla sua inaugurazione, si è, nell'arco di un breve lasso di tempo, già sovraffollata. E su come ulteriormente arricchirla, c'è ahimè soltanto l'imbarazzo della scelta.
Ma è anche giusto, anzi DOVUTO, dare spazio e rilevanza a tanti italiani che nel passato o nell'attualità, per fortuna, hanno compensato o compensano con la loro statura morale, le loro scelte, i loro atti e le loro parole, lo sconfortante ammasso di brutture e squallori sui quali tanto più ritengo giusto porre l'accento, quanto più in questo disgraziato Paese i protagonisti delle peggio performances pubbliche passano ormai per veri eroi del nostro tempo.
Di più! Passano per modelli ai quali guardano anche i bambini (di questo si parla giusto oggi in vari siti Internet a seguito dei risultati, a mio parere tutt'altro che sorprendenti, di una ricerca Eurispes, secondo la quale i più piccoli nutrirebbero la più assoluta sfiducia nel loro futuro, e sognerebbero soltanto di sfuggire a una vita squallida e faticosa diventando come... Belen Rodriguez e Valentino Rossi;
per approfondire: http://www.progressonline.it/index.php?livello=Home&sezione=1&articolo=2517&lang=it).
Ed ecco allora l'idea di una rubrica contraltare, positivamente complementare a quella dedicata ai cialtroni, che ho pensato di dedicare agli "Italiani virtuosi".
In questa prima puntata, vorrei subito dedicare un ricordo a
- Giorgio Ambrosoli, che ho già ricordato in un post del luglio scorso, in occasione dell'anniversario della sua morte. Ascoltate cosa racconta di lui il figlio Umberto, che aveva 7 anni quando lui morì, oggi ne ha 38 e fa l'avvocato, come il padre, su http://www.youtube.com/watch?v=5Xsu7n1DXTw.
- Peppino Impastato, giornalista e fondatore di Radio Aut, che per la sua denuncia delle (ATTUALISSIME!!!) collusioni fra potere politico e mafia venne da questa barbaramente assassinato fra l'8 e il 9 maggio 1978, negli stessi giorni in cui in via Caetani a Roma veniva ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro. - Walter Tobagi, giornalista, studioso di storia italiana moderna e contemporanea e di sindacalismo, ucciso nel maggio 1980, a soli 33 anni, in un agguato di un commando terroristico di estrema sinistra, composto da figli di famiglie della borghesia milanese. Due membri del commando in particolare appartenevano all'ambiente giornalistico: Marco Barbone, figlio di Donato Barbone, dirigente editoriale della casa editrice Sansoni (di proprietà del gruppo RCS), e Paolo Morandini, figlio del critico cinematografico del quotidiano Il Giorno Morando Morandini.
La figlia Benedetta, che ha seguito le orme paterne dedicandosi al giornalismo, ha scritto un libro dedicato al padre, Come mi batte forte il tuo cuore, e in questi giorni è stata invitata a vedere il film in uscita nei cinema sulle vicende dei terroristi di Prima Linea, e a scrivere un suo commento, pubblicato su Repubblica. Commento che ho letto e ho trovato molto interessante, attento, ben scritto, confermandomi nell'idea che Benedetta Tobagi sia una ragazza molto in gamba, e che abbia saputo fare propria la lezione di vita e di valori, la curiosità intellettuale e la profondità che dovettero senz'altro contraddistinguere suo padre.
Nella targa che oggi a Milano, nel luogo dell'agguato in via Salaino/via Solari, ricorda Tobagi, è riportato un passo di una lettera che scrisse nel dicembre del 1978 alla moglie:
"(...) al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io avverto molto forte: è la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera e indipendente e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani (...) per contribuire a quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi".
- e passando all'oggi, ma rimanendo su questa medesima linea (la volontà di capire e spiegare, per poi poter anche cambiare), una citazione d'obbligo va a Roberto Saviano, sul quale non credo ci sia bisogno di fornire informazioni.
Laura
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Walter Tobagi
17 novembre 2009
CIALTRONI ITALICI ALL'ASSALTO DELLA MUSICA
Non abbisognano di alcun commento... si commentano benissimo da soli. Ohsssantamadre, che tristezza!!! Ma questi chi li ferma più ormai? Ma proprio a ruota libera...
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/spettacoli_e_cultura/pianista-contrario/pianista-contrario/pianista-contrario.html
http://www.youtube.com/watch?v=jKSFKa-rP4g
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/spettacoli_e_cultura/pianista-contrario/pianista-contrario/pianista-contrario.html
http://www.youtube.com/watch?v=jKSFKa-rP4g
Laura
15 novembre 2009
PER LA SERIE "BRILLANTI DICHIARAZIONI"
Da Repubblica.it di oggi:
Manifestazione del sindacato senza Cisl e Uil. Ma il segretario tende la mano:
"Pronti a sciopero generale sul fisco". Nel corteo anche Idv, Pd e studenti universitari
Cgil torna in piazza a Roma
Epifani: "Licenziamenti a valanga"
Bersani: "Serve una svolta nella politica economica, persi 18 mesi preziosissimi"
"Pronti a sciopero generale sul fisco". Nel corteo anche Idv, Pd e studenti universitari
Cgil torna in piazza a Roma
Epifani: "Licenziamenti a valanga"
Bersani: "Serve una svolta nella politica economica, persi 18 mesi preziosissimi"
...e il ministro del lavoro cosa dice?
Il ministro Sacconi: "Mi sembra un piccolo mondo antico ancorato al '900"
Ah sì? Eh già, mica tutti sono come te, che invece sei un uomo della modernità, del nuovo che avanza... prima socialista della corrente De Michelis (!!!!!!!!!!), poi naturalmente convogliatosi in Forza Italia, e attualmente, ahimè, ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.
Su http://it.wikipedia.org/wiki/Maurizio_Sacconi) leggo che
"Ha collaborato a scrivere due saggi: Un futuro da precari? Il lavoro dei giovani tra rassegnazione e opportunità, con Michele Tiraboschi (Arnoldo Mondadori Editore, collana Frecce, 2006) e La società attiva. Manifesto per le nuove sicurezze, con Michele Tiraboschi e Paolo Reboani (Marsilio Editori, collana Gli specchi del presente, 2004).
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!!!!!!!!!!
E inoltre che:
"La nomina di Sacconi a ministro della salute è stata criticata all'estero dalla rivista Nature come un possibile conflitto di interessi, dato che questa è avvenuta mentre la moglie del neoministro ricopriva la carica di direttore di Farmindustria, l'associazione che promuove gli interessi delle industrie farmaceutiche".
Ma che bel soggettino! Ma che brillante curriculum! Proprio un uomo che può capire i problemi di tre quarti di Paese che affoga nella merda.
Forse, per farglieli meglio comprendere dovremmo un po' coinvolgerlo in questa sgradevole situazione; basta solo un veloce ritocchino con Photoshop, et voilà, il gioco è fatto.
14 novembre 2009
MA C'E' SEMPRE UN MOTIVO PER TIRARSI SU IL MORALE...
...infatti sempre su D di Repubblica leggo che
Ma sapete il bello qual è? Che non lo si dice a proposito di società, relazioni interpersonali, lavoro, mutamenti globali, in una rubrica o in un articolo sociologico.
No!
Lo si dice nella rubrica dedicata... AI NUOVI PRODOTTI PER CAPELLI!!! Cioè, stiamo parlando di shampoo, balsamo, creme ristrutturanti.
No, dico, ma rendiamoci conto del livello. Ma chi cazzo le scrive 'ste stronzate galattiche? E sono pure pagati!
Roba da pazzi...
Ma andate a casa, ma vergognatevi!
Laura
"La bellezza è in via di ridefinizione.
E la creatività personale è la svolta".
Ma sapete il bello qual è? Che non lo si dice a proposito di società, relazioni interpersonali, lavoro, mutamenti globali, in una rubrica o in un articolo sociologico.
No!
Lo si dice nella rubrica dedicata... AI NUOVI PRODOTTI PER CAPELLI!!! Cioè, stiamo parlando di shampoo, balsamo, creme ristrutturanti.
No, dico, ma rendiamoci conto del livello. Ma chi cazzo le scrive 'ste stronzate galattiche? E sono pure pagati!
Roba da pazzi...
Ma andate a casa, ma vergognatevi!
Laura
13 novembre 2009
SANTE PAROLE DALLA CARTA STAMPATA
Dalla rubrica di Corrado Augias sul Corriere della Sera:
ORA MI DOMANDO SE E' VALSA LA PENA STUDIARE
(...) Nella vita sciatta di tutti i giorni, noto con triste ripetizione lo sbandieramento quasi sfrontato (e a tratti cafone) di inutili trofei, ma non sarebbe più bello se tutti noi potessimo mostrare tanti amici come tratto distintivo di vera ricchezza?
ORA MI DOMANDO SE E' VALSA LA PENA STUDIARE
Gentile Augias, grazie ai sacrifici della mia famiglia, ho potuto studiare. Ho due lauree specialistiche con 110 e lode, un dottorato triennale, vari altri anni di ricerca post-dottorale (...). Sono stato invitato a collaborare alcuni mesi con una delle più prestigiose università americane. Ho avuto l'onore di essere chiamato a lavorare con i maggiori esperti al mondo del mio campo di ricerca. Ho all'attivo molte pubblicazioni (...). A 35 anni sono rimasto senza contratto universitario. Dopo pochi mesi, fortunatamente, sono stato assunto in ruolo come insegnante nei licei (...). Il primo stipendio è stato di 1250 Euro. Al momento mi venne da ridere. Ora no. Mia moglie è stata licenziata a seguito della crisi e abbiamo una figlia. Non facciamo la coda alla Caritas soltanto perchè non abbiamo un affitto da pagare. Non posso lamentarmi, altrimenti i miei compagni di studio, che stanno peggio, me lo rinfacciano, e hanno ragione. Domanda: potrò dire a mia figlia che è importante studiare per il proprio avvenire?
Lettera firmata
Risposta: sì, potrà dirglielo per molti buoni e cattivi motivi che cerco di esporre.
Il primo: per una persona perbene, non sono molte le altre possibilità per cercare di fare qualcosa nella vita (...). Un'alternativa possibile è cercare di arraffare soldi con qualunque mezzo, può anche essere un buon rimedio; basta guardarsi intorno e vedere come molti di questi girino su grosse auto fumando sigari costosi, mentre i prof contano i soldi per vedere se possono andare o no al cinema o comprare un libro. (...).
Ma ci sono persone per le quali il lavoro intellettuale è di gran lunga quello preferibile, anche a costo di fare sacrifici. (...).
Dalla rubrica di Umberto Galimberti su D di Repubblica:
L'ARDUO SENTIERO DELL'AMICIZIA
(...) Nella vita sciatta di tutti i giorni, noto con triste ripetizione lo sbandieramento quasi sfrontato (e a tratti cafone) di inutili trofei, ma non sarebbe più bello se tutti noi potessimo mostrare tanti amici come tratto distintivo di vera ricchezza?
Più la società diventa di massa - o nella forma di quella solitudine che ci incolla davanti a un computer vittime di una bulimia affettiva, (...) o nelle adunate di massa in occasione di concerti, (...), o per applaudire parole che confermano le idee che già abbiamo o la fede che già possediamo - più l'amicizia diventa difficile e impraticabile. (...).
Oggi conosciamo solo il singolare e il plurale. (...).
Nel singolare incontriamo la solitudine dell'anima che vagheggia mondi e ideazioni che mai avremmo il coraggio di rivelare in pubblico, che si inabissa in dolori che la buona educazione ci induce a non manifestare, che si esalta in entusiasmi che sfuggono a ogni misura e moderazione. (...).
Al plurale dobbiamo dar prova di sano realismo, che ci chiede di stare ai fatti, di controllare le emozioni, di misurare le parole, di essere più una risposta agli altri che propriamente noi stessi.
E tutto questo per essere accettati, riconosciuti, identificati, e nei casi estremi persino applauditi.
(...).
Tra l'anonimato del pubblico e la solitudine del privato, l'amicizia, che abita il duale, consente di comprendere tutte quelle eccedenze di senso che nel segreto la nostra anima crea.
(...)
Per questo, penso, non si possono avere molti amici, come invece Lei si augura, ma solo quei pochissimi che corrispondono alle sfaccettature della nostra anima (...).
Se questa è l'amicizia, la nostra cultura (...) non è la più idonea a favorire quell'incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso (...).
I GIOVANI E LA POLITICA
Ho 19 anni e studio storia contemporanea alla Sapienza di Roma.
(...)
Come si può convogliare la frustrazione e la tristezza di vivere di migliaia di giovani (e meno giovani) in un movimento collettivo e liberatorio?
Sono domande che mi tormentano e questioni che affronto nella trasmissione radiofonica che conduco insieme a un amico sull'emittente web della mia università, un canale che più di nicchia non esiste.
(...) La "rivoluzione" del Sessantotto è stata avviata da giovani che si trovavano in una condizione decisamente migliore dei giovani di oggi, perchè a differenza di questi avevano un futuro. (...).
Il futuro era una promessa e non una minaccia come appare ai giovani di oggi. Naturalmente, quando non è una promessa, il futuro non retroagisce come motivazione all'impegno, allo studio, all'investimento sulle proprie capacità. (...).
Eppure, affogati in un mare di demotivazione, sfiducia e - non di rado - sconforto, i giovani d'oggi non manifestano il loro disagio, che pure traspare nelle loro giornate piene di inedia e nelle loro notti insonni. (...).
L'impegno politico non attrae i giovani di oggi. E questo è un sintomo che dice essersi ormai stratificata in loro la persuasione che nulla può cambiare, per cui tanto vale vivere con intensità ed estrema vitalità l'assoluto presente, perchè il futuro non è nelle loro mani, e quindi neppure nelle loro prospettive.
(...)
Tutto questo si chiama "nichilismo", da imputare non al fatto che sono crollati i valori (...) ma al fatto, come opportunamente ci ricorda Nietzsche, che "manca lo scopo, manca il perchè", e forse anche la forza, la fiducia che qualcosa possa cambiare.
E non basta l'ottimismo che i nostri canali televisivi ogni giorno cercano di diffondere, perchè il pessimismo e la sfiducia sono ormai dentro l'anima, e la consumano privandola di slanci e ideazioni.
(...) avremmo bisogno di una politica che non sia solo una difesa strenua di interessi, o peggio di clientele, ma sappia offrire se non una nuova visione del mondo, la fiducia almeno che non tutto è immodificabile. Perchè questa è la vera stagnazione, prima ancora di quella economica.
10 novembre 2009
MI SA CHE QUALCUNO FRA VOI DIVENTA RICCO...
Da corriere.it:
Lo afferma Luca Petrucci, l'avvocato che assiste l'ex conduttore di Mi manda Raitre
Piero Marrazzo tornerà a fare il giornalista in Rai nel 2010
«La sua carriera politica è finita, ma ha diritto a riavere quel posto di lavoro che aveva lasciato temporaneamente»
Lo afferma Luca Petrucci, l'avvocato che assiste l'ex conduttore di Mi manda Raitre
Piero Marrazzo tornerà a fare il giornalista in Rai nel 2010
«La sua carriera politica è finita, ma ha diritto a riavere quel posto di lavoro che aveva lasciato temporaneamente»
(Ma la telenovela continua...)
9 novembre 2009
PROFEZIE
Ah, come vorrei a volte avere un registratore, perchè restasse traccia delle mie premonizioni!
Non sarà passata una settimana da che, commentando con Cristiano il caso Marrazzo, avevo vaticinato che presto o tardi, passata la bufera, sarebbe saltato fuori per il nostro eroe un posticino in RAI; magari dietro le quinte, per evitargli l'imbarazzo di metterci la faccia, ma sempre di un certo prestigio, e più che ben retribuito.
Lo devo confessare, mi aveva quasi indotto a considerarlo con un po' di compassione: "Ma poveretto, in fondo è finito in questa storia perchè si vede che non era in grado di reggere le porcherie della carriera politica e del potere, è uno finito, ma pensa la devastazione della vergogna, si deve ricostruire una vita, anche i rapporti con la moglie, con la famiglia" ecc. ecc.
Ebbene, spero che la notiziola buttata lì oggi da Corriere.it: "Marrazzo verso il ritorno alla Rai -
Imbarazzo a Viale Mazzini: ha diritto a un posto da conduttore", venga presto seguita da un "Grazie, ma preferisco di no" del nostro amico.
Lo spero con tutto il cuore, ma perchè qualcosa mi dice che non sarà così, e che tempo qualche settimana, massimo qualche mese, Marrazzo sarà di nuovo in onda, in forma smagliante e con aria gagliarda e tirata a lucido, alla guida di qualche nuova trasmissione monnezza, che registrerà da subito ascolti da record proprio in virtù del fatto di essere condotta da "quello che se la faceva con i tranvoni"?
Quanto vorrei sbagliarmi! Quanto vorrei poter riconoscere un barlume di buon senso e dignità in quest'uomo, e quindi potergli anche accordare volentieri un po' di compassione!
Appuntamento su questo blog per sapere come andrà a finire.
Laura
P.S. Visto che ultimamente, con l'aria che tira, vanno molto di moda lotterie e giochini vari, si accettano scommesse.
Non sarà passata una settimana da che, commentando con Cristiano il caso Marrazzo, avevo vaticinato che presto o tardi, passata la bufera, sarebbe saltato fuori per il nostro eroe un posticino in RAI; magari dietro le quinte, per evitargli l'imbarazzo di metterci la faccia, ma sempre di un certo prestigio, e più che ben retribuito.
Lo devo confessare, mi aveva quasi indotto a considerarlo con un po' di compassione: "Ma poveretto, in fondo è finito in questa storia perchè si vede che non era in grado di reggere le porcherie della carriera politica e del potere, è uno finito, ma pensa la devastazione della vergogna, si deve ricostruire una vita, anche i rapporti con la moglie, con la famiglia" ecc. ecc.
Ebbene, spero che la notiziola buttata lì oggi da Corriere.it: "Marrazzo verso il ritorno alla Rai -
Imbarazzo a Viale Mazzini: ha diritto a un posto da conduttore", venga presto seguita da un "Grazie, ma preferisco di no" del nostro amico.
Lo spero con tutto il cuore, ma perchè qualcosa mi dice che non sarà così, e che tempo qualche settimana, massimo qualche mese, Marrazzo sarà di nuovo in onda, in forma smagliante e con aria gagliarda e tirata a lucido, alla guida di qualche nuova trasmissione monnezza, che registrerà da subito ascolti da record proprio in virtù del fatto di essere condotta da "quello che se la faceva con i tranvoni"?
Quanto vorrei sbagliarmi! Quanto vorrei poter riconoscere un barlume di buon senso e dignità in quest'uomo, e quindi potergli anche accordare volentieri un po' di compassione!
Appuntamento su questo blog per sapere come andrà a finire.
Laura
P.S. Visto che ultimamente, con l'aria che tira, vanno molto di moda lotterie e giochini vari, si accettano scommesse.
8 novembre 2009
NUOVI FILM, NUOVI LIBRI, NUOVA MUSICA: DIAMOCI DEGLI STIMOLI
Fra venerdì e ieri sera mi sono un po' rimessa in pari con il cinema, che ultimamente frequentiamo meno, avendo molte possibilità di vedere ottimi film, magari non nuovi e non recenti ma meritevolissimi o addirittura imperdibili, con e-mule.
Venerdì ho visto Julie & Julia, con la solita eccezionale Meryl Streep. Una commediola molto carina, ben recitata non solo da lei ma da tutti e molto curata nei dettagli; e non un film solo d'evasione, ma anche sulle difficoltà della vita, diverse per due donne appartenenti a epoche differenti, ma per entrambe difficoltà non da poco.
Facile per me identificarmi con la giovane newyorkese Julie. Felicemente sposata con un giornalista, con il quale avvia l'avventura del matrimonio in un appartamentino bohemienne stipato di carabattole sopra una sfigatissima pizzeria negli sfigati Queens, Julie si arrabatta fra i telefoni di un orrido call center e le vecchie amiche, che nel frattempo sono diventate delle insopportabili carrieriste, e non smette di sognare il successo come scrittrice.
Alla sera e nei fine settimana affoga i suoi dispiaceri... nelle creme e nei sughi: si diletta infatti di cucina, ed è un'ammiratrice sfegatata di una insuperabile cuoca che fra gli anni '50 e '60 ha realmente spopolato in America con il suo libro di ricette e le sue lezioni di cucina in televisione: Julia Child (che vi mostro qui sopra in un fotogramma tratto dalle sue apparizioni televisive).
La via d'uscita rispetto alle frustrazioni quotidiane diventa per Julie il suggerimento del suo adorabile e partecipe marito: perchè non dare vita a un blog nel quale, per un anno, proporre ogni giorno una ricetta dal libro di Julia Child, dalla stessa Julie preparata?
E così parte la sfida, che naturalmente è soprattutto sfida con se stessa e difficile battaglia contro le avversità del mondo esterno e anche contro le proprie insicurezze, nate dall'impossibilità di coltivare nella sfera professionale le proprie prerogative e capacità. E che diventa anche confronto a distanza (il sogno di un incontro ravvicinato non si avvererà) con Julia, più la Julia immaginata che quella reale, ma forse in fondo, come giustamente dice il marito di Julie, quella per lei più importante. Insomma, un film carino e rilassante, non privo però di spunti di riflessione e di una sua semplice, ma giusta morale.
Ieri sera, invece, scorpacciata di musicone, inseguimenti spericolati, drammatici faccia a faccia, ma soprattutto di Johnny Depp: siamo andati a vedere Nemico pubblico, basato sulla storia vera del gangster John Dillinger nella Chicago degli anni '30. Il film avrebbe la pretesa di uscire dai limiti della perfetta ricostruzione storica e ambientale e del filmone hollywoodiano, per realizzare una lettura più profonda e psicologica del confronto fra i due protagonisti, il bandito e il poliziotto dell'FBI che gli diede realmente la caccia fino alla resa dei conti finale. Un po' come in Heat - La sfida, che ripropone lo stesso tema in un contesto moderno, avvalendosi della bravura di De Niro (il bandito) e Pacino (il rappresentante della legge) per innescare una riflessione sul bene e il male.
Depp e tutti gli altri sono bravi, sulle ricostruzioni e la fotografia niente da dire, ovviamente le scene d'azione, rapine e inseguimenti, sono pressochè perfette. Ma il film si ferma, rispetto ai suoi più ambiziosi obbiettivi, a metà del guado, non approfondendo a sufficienza gli spunti psicologici e anche gli aspetti sociologici della vicenda di Dillinger, spunti e aspetti che si limita a suggerire.
...comunque, prendere prende, sono due ore con il fiato sospeso. E POI JOHNNY E' TANTO, TANTO BELLO, E TANTO, TANTO SEXY!!!
Ci sono delle interessanti novità anche musicali: vi consiglio l'ultimo album di Sting, appena uscito, di cui qui sopra vedete la (già stranota) copertina.
L'album è accompagnato da un forte battage pubblicitario, anche perchè ben si adatta alle festività natalizie alle porte, essendo una ripresa molto fine e originale di antiche ballate popolari dell'Inghilterra del nord sul tema dell'inverno.
Secondo me è fatto molto bene, considerando che l'impresa era di quelle particolarmente ardue e ambiziose; avventurarsi sul terreno della musica antica e popolare collaborando con musicisti abituati a muoversi in quell'ambito, venendo dal rock e dal pop, non è mai infatti un'operazione da affrontare a cuor leggero. Ma la curiosità intellettuale, l'intelligenza e la musicalità di Sting l'hanno fatto cadere in piedi. Forse l'intero album, ascoltato di seguito, è appena appena noiosetto; ma è l'unico piccolo limite di questo lavoro. La finezza e il buon gusto delle scelte negli arrangiamenti e la contaminazione con il jazz sono invece i suoi punti di forza, e garantiscono una qualità che non scende mai sotto un certo livello.
Quanto alle novità nelle letture, prima del cinema ieri ho fatto incetta di romanzi, tutti di Adelphi (e quindi tutti della categoria "Prepariamoci a una letturina impegnativa"):
- La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer, di cui leggo su http://nuke.ilsottoscritto.it/Default.aspx?tabid=1045: "(...) è una sorta di giallo epistemologico che indaga il difficile cammino conoscitivo di se stessi e dell’altro da sé . “Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo” è la frase di apertura del romanzo e quella che più spesso ricorre, a mo’ di refrain, nel corso del suo svolgimento. A pronunciarla è Pearl, la moglie devota di Holland Cook, che, divenuta ormai nonna, ricostruisce il suo passato nel tentativo di capire il suo singolare legame con il marito. (...)".
- Nè giusto nè sbagliato, di Paul Collins, che affronta il tema dell'autismo (http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-paul_collins/sku-12087789/ne_giusto_ne_sbagliato_.htm)
- Nella penombra, di Juan Benet: "Due donne, una anziana e una giovane, zia e nipote, siedono nella penombra di uno studio spazioso, e parlano. Di che cosa? Di un messaggero che dovrebbe arrivare, del suo messaggio che dovrebbe chiudere una ferita aperta molto tempo prima." (da http://www.bol.it/libri/Nella-penombra/Juan-Benet/ea978884590838/).
- Ritorno a casa, di Natasha Radojcic-Kane: "Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una partita di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio, i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo - ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele - risulta più difficile." (da http://www.nonleggere.it/default.asp?content=%2Fesordienti%2Fblu4%2Fnatasha%5Fradojcic%2Dkane%5Ftesto%2Fschedatesto%2Easp).
Ho invece iniziato da pochi giorni un altro Adelphi che dalle prime pagine sembra molto bello: Il giorno del giudizio, di Salvatore Satta: "Salvatore Satta (Nuoro 1902, Roma 1975) è uno di quegli scrittori, quasi estinti al giorno d’oggi, caratterizzati dallo spirito e dallo stile di chi non ha in animo di scrivere nell’ottica della produzione e del mercato. La prima conferma ci viene, in questo senso, da La veranda, romanzo scritto a soli 25 anni, valutato da Marino Moretti una controparte italiana a La montagna incantata di Thomas Mann, e che allora non arrivò al pubblico in quanto non ritenuto in grado di accoglierlo. Il romanzo venne pubblicato solo nel 1981, da Adelphi; dopo il De profundis, stampato nel 1948, e Il giorno del giudizio, 1977. Scrivere non è il mio mestiere, confessa lo scrittore. Non lo è in alcun modo. E infatti: «Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte». E allora perché scrivere un libro? Per Satta era come chiedersi: e allora perché vivere? Non si vive, né si scrive, in funzione di un dopo, di un obiettivo. Ma questo significa volare sopra gli uomini, non essere contaminati dalle umane debolezze. E Satta non lo era, almeno non voleva esserlo. Diffidava ormai anche delle leggi, delle quali era esperto, di tutte quelle leggi nelle quali credono ancora i vivi." (da http://www.italialibri.net/opere/giornodelgiudizio.html).
Laura
Venerdì ho visto Julie & Julia, con la solita eccezionale Meryl Streep. Una commediola molto carina, ben recitata non solo da lei ma da tutti e molto curata nei dettagli; e non un film solo d'evasione, ma anche sulle difficoltà della vita, diverse per due donne appartenenti a epoche differenti, ma per entrambe difficoltà non da poco.
Facile per me identificarmi con la giovane newyorkese Julie. Felicemente sposata con un giornalista, con il quale avvia l'avventura del matrimonio in un appartamentino bohemienne stipato di carabattole sopra una sfigatissima pizzeria negli sfigati Queens, Julie si arrabatta fra i telefoni di un orrido call center e le vecchie amiche, che nel frattempo sono diventate delle insopportabili carrieriste, e non smette di sognare il successo come scrittrice.
Alla sera e nei fine settimana affoga i suoi dispiaceri... nelle creme e nei sughi: si diletta infatti di cucina, ed è un'ammiratrice sfegatata di una insuperabile cuoca che fra gli anni '50 e '60 ha realmente spopolato in America con il suo libro di ricette e le sue lezioni di cucina in televisione: Julia Child (che vi mostro qui sopra in un fotogramma tratto dalle sue apparizioni televisive).
La via d'uscita rispetto alle frustrazioni quotidiane diventa per Julie il suggerimento del suo adorabile e partecipe marito: perchè non dare vita a un blog nel quale, per un anno, proporre ogni giorno una ricetta dal libro di Julia Child, dalla stessa Julie preparata?
E così parte la sfida, che naturalmente è soprattutto sfida con se stessa e difficile battaglia contro le avversità del mondo esterno e anche contro le proprie insicurezze, nate dall'impossibilità di coltivare nella sfera professionale le proprie prerogative e capacità. E che diventa anche confronto a distanza (il sogno di un incontro ravvicinato non si avvererà) con Julia, più la Julia immaginata che quella reale, ma forse in fondo, come giustamente dice il marito di Julie, quella per lei più importante. Insomma, un film carino e rilassante, non privo però di spunti di riflessione e di una sua semplice, ma giusta morale.
Ieri sera, invece, scorpacciata di musicone, inseguimenti spericolati, drammatici faccia a faccia, ma soprattutto di Johnny Depp: siamo andati a vedere Nemico pubblico, basato sulla storia vera del gangster John Dillinger nella Chicago degli anni '30. Il film avrebbe la pretesa di uscire dai limiti della perfetta ricostruzione storica e ambientale e del filmone hollywoodiano, per realizzare una lettura più profonda e psicologica del confronto fra i due protagonisti, il bandito e il poliziotto dell'FBI che gli diede realmente la caccia fino alla resa dei conti finale. Un po' come in Heat - La sfida, che ripropone lo stesso tema in un contesto moderno, avvalendosi della bravura di De Niro (il bandito) e Pacino (il rappresentante della legge) per innescare una riflessione sul bene e il male.
Depp e tutti gli altri sono bravi, sulle ricostruzioni e la fotografia niente da dire, ovviamente le scene d'azione, rapine e inseguimenti, sono pressochè perfette. Ma il film si ferma, rispetto ai suoi più ambiziosi obbiettivi, a metà del guado, non approfondendo a sufficienza gli spunti psicologici e anche gli aspetti sociologici della vicenda di Dillinger, spunti e aspetti che si limita a suggerire.
...comunque, prendere prende, sono due ore con il fiato sospeso. E POI JOHNNY E' TANTO, TANTO BELLO, E TANTO, TANTO SEXY!!!
Ci sono delle interessanti novità anche musicali: vi consiglio l'ultimo album di Sting, appena uscito, di cui qui sopra vedete la (già stranota) copertina.
L'album è accompagnato da un forte battage pubblicitario, anche perchè ben si adatta alle festività natalizie alle porte, essendo una ripresa molto fine e originale di antiche ballate popolari dell'Inghilterra del nord sul tema dell'inverno.
Secondo me è fatto molto bene, considerando che l'impresa era di quelle particolarmente ardue e ambiziose; avventurarsi sul terreno della musica antica e popolare collaborando con musicisti abituati a muoversi in quell'ambito, venendo dal rock e dal pop, non è mai infatti un'operazione da affrontare a cuor leggero. Ma la curiosità intellettuale, l'intelligenza e la musicalità di Sting l'hanno fatto cadere in piedi. Forse l'intero album, ascoltato di seguito, è appena appena noiosetto; ma è l'unico piccolo limite di questo lavoro. La finezza e il buon gusto delle scelte negli arrangiamenti e la contaminazione con il jazz sono invece i suoi punti di forza, e garantiscono una qualità che non scende mai sotto un certo livello.
Quanto alle novità nelle letture, prima del cinema ieri ho fatto incetta di romanzi, tutti di Adelphi (e quindi tutti della categoria "Prepariamoci a una letturina impegnativa"):
- La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer, di cui leggo su http://nuke.ilsottoscritto.it/Default.aspx?tabid=1045: "(...) è una sorta di giallo epistemologico che indaga il difficile cammino conoscitivo di se stessi e dell’altro da sé . “Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo” è la frase di apertura del romanzo e quella che più spesso ricorre, a mo’ di refrain, nel corso del suo svolgimento. A pronunciarla è Pearl, la moglie devota di Holland Cook, che, divenuta ormai nonna, ricostruisce il suo passato nel tentativo di capire il suo singolare legame con il marito. (...)".
- Nè giusto nè sbagliato, di Paul Collins, che affronta il tema dell'autismo (http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-paul_collins/sku-12087789/ne_giusto_ne_sbagliato_.htm)
- Nella penombra, di Juan Benet: "Due donne, una anziana e una giovane, zia e nipote, siedono nella penombra di uno studio spazioso, e parlano. Di che cosa? Di un messaggero che dovrebbe arrivare, del suo messaggio che dovrebbe chiudere una ferita aperta molto tempo prima." (da http://www.bol.it/libri/Nella-penombra/Juan-Benet/ea978884590838/).
- Ritorno a casa, di Natasha Radojcic-Kane: "Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una partita di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio, i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo - ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele - risulta più difficile." (da http://www.nonleggere.it/default.asp?content=%2Fesordienti%2Fblu4%2Fnatasha%5Fradojcic%2Dkane%5Ftesto%2Fschedatesto%2Easp).
Ho invece iniziato da pochi giorni un altro Adelphi che dalle prime pagine sembra molto bello: Il giorno del giudizio, di Salvatore Satta: "Salvatore Satta (Nuoro 1902, Roma 1975) è uno di quegli scrittori, quasi estinti al giorno d’oggi, caratterizzati dallo spirito e dallo stile di chi non ha in animo di scrivere nell’ottica della produzione e del mercato. La prima conferma ci viene, in questo senso, da La veranda, romanzo scritto a soli 25 anni, valutato da Marino Moretti una controparte italiana a La montagna incantata di Thomas Mann, e che allora non arrivò al pubblico in quanto non ritenuto in grado di accoglierlo. Il romanzo venne pubblicato solo nel 1981, da Adelphi; dopo il De profundis, stampato nel 1948, e Il giorno del giudizio, 1977. Scrivere non è il mio mestiere, confessa lo scrittore. Non lo è in alcun modo. E infatti: «Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte». E allora perché scrivere un libro? Per Satta era come chiedersi: e allora perché vivere? Non si vive, né si scrive, in funzione di un dopo, di un obiettivo. Ma questo significa volare sopra gli uomini, non essere contaminati dalle umane debolezze. E Satta non lo era, almeno non voleva esserlo. Diffidava ormai anche delle leggi, delle quali era esperto, di tutte quelle leggi nelle quali credono ancora i vivi." (da http://www.italialibri.net/opere/giornodelgiudizio.html).
Laura
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5 novembre 2009
1 novembre 2009
RICORDATEVI DI ME E SEGUITEMI CON LO SGUARDO
Oggi siamo stati al cimitero; avevo chiesto giorni fa a Cristiano di accompagnarmi a trovare i nonni, per la prima volta da che sono mancati.
Sono andata a vedere la nonna Antonietta, la nonna "vera" mai conosciuta, la nonna Lina, per me la nonna "comunque", il nonno Michele.
Ho sentito veramente il bisogno di questo contatto, perchè a volte mi pare che in questa perdita del centro e del senso delle cose, di un'identità precisa, in questa follia collettiva, sia più che mai necessario, essenziale direi, ricordarsi da dove si viene.
Leggere "Avello Antonia in Montingelli" e "Montingelli Michele", vedere la foto della nonna Lina, con quel suo sguardo così volitivo, così deciso, così fiero e penetrante, mi ha dato un senso di appartenenza. Ho chiesto a tutti di guardarmi e di aiutarmi, loro che sono stati a suo tempo così forti, così coraggiosi, così capaci di superare enormi, tragiche avversità.
Io credo che mi guardino da qualche parte, mi vedano, soprattutto quando mi sbatto e faccio fatica, e anche loro si ricordino di me, di tutti noi.
Anche la mia cara nonna mai conosciuta, così presto andata via, così somigliante eppure diversa dalla sorella che seppe poi fare da madre ai suoi figli: Antonia così dolce e un po' sognante, Angiola invece quasi altera, la camicia bianca perfetta e la giacca tagliata su misura a dimostrare, a rivendicare che dalla miseria si deve, si può uscire con la forza di volontà, con la voglia di riscatto, con l'orgoglio dell'intelligenza, per riconquistarsi la propria dignità. Così determinata, ferma, severa ma, ne sono certa, donna di assoluta sensibilità inespressa, che proprio perchè soffocata si ritorse alla fine contro di lei, con la più terribile delle vendette: offuscandone il brillante intelletto, che aveva distinto questa donna nel gruppo dei fratelli e ne aveva fatto, insieme alla forza di carattere, il traino instancabile della famiglia.
Nonni cari, amatissimi più oggi che allora, guardate a questa vostra nipote, che avete visto bambina da lontano o da vicino, e che tanto sente di appartenervi di sangue, di testa, di temperamento.
Sappiatela sempre guidare in questo percorso, tanto più agevole di quello che voi doveste affrontare eppure per lei, non così forte come voi foste, a volte difficile.
Con un immenso amore, e il rimpianto di avervi avuto troppo poco, vostra
Laura
Sono andata a vedere la nonna Antonietta, la nonna "vera" mai conosciuta, la nonna Lina, per me la nonna "comunque", il nonno Michele.
Ho sentito veramente il bisogno di questo contatto, perchè a volte mi pare che in questa perdita del centro e del senso delle cose, di un'identità precisa, in questa follia collettiva, sia più che mai necessario, essenziale direi, ricordarsi da dove si viene.
Leggere "Avello Antonia in Montingelli" e "Montingelli Michele", vedere la foto della nonna Lina, con quel suo sguardo così volitivo, così deciso, così fiero e penetrante, mi ha dato un senso di appartenenza. Ho chiesto a tutti di guardarmi e di aiutarmi, loro che sono stati a suo tempo così forti, così coraggiosi, così capaci di superare enormi, tragiche avversità.
Io credo che mi guardino da qualche parte, mi vedano, soprattutto quando mi sbatto e faccio fatica, e anche loro si ricordino di me, di tutti noi.
Anche la mia cara nonna mai conosciuta, così presto andata via, così somigliante eppure diversa dalla sorella che seppe poi fare da madre ai suoi figli: Antonia così dolce e un po' sognante, Angiola invece quasi altera, la camicia bianca perfetta e la giacca tagliata su misura a dimostrare, a rivendicare che dalla miseria si deve, si può uscire con la forza di volontà, con la voglia di riscatto, con l'orgoglio dell'intelligenza, per riconquistarsi la propria dignità. Così determinata, ferma, severa ma, ne sono certa, donna di assoluta sensibilità inespressa, che proprio perchè soffocata si ritorse alla fine contro di lei, con la più terribile delle vendette: offuscandone il brillante intelletto, che aveva distinto questa donna nel gruppo dei fratelli e ne aveva fatto, insieme alla forza di carattere, il traino instancabile della famiglia.
Nonni cari, amatissimi più oggi che allora, guardate a questa vostra nipote, che avete visto bambina da lontano o da vicino, e che tanto sente di appartenervi di sangue, di testa, di temperamento.
Sappiatela sempre guidare in questo percorso, tanto più agevole di quello che voi doveste affrontare eppure per lei, non così forte come voi foste, a volte difficile.
Con un immenso amore, e il rimpianto di avervi avuto troppo poco, vostra
Laura
29 ottobre 2009
CIALTRONI ITALICI - IL CANTORE DELL'AMORE SENZA ETA'
La folta messe degli italici cialtroni è ricca di "tipi", di caratteri: ci sono, come abbiamo visto, il cantante, le show girl più o meno attempate, il principe ereditario belloccio riciclatosi come "ballerino", il ricco rampollo conformista dell'anticonformismo, lo psicoterapeuta della domenica, il non-cantante tutto ciuffo e niente talento, e chi più ne ha più ne metta.
In questo variegato circo di scandalose assurdità, in questo pozzo senza fondo di orride creature partorite dalla tivvù, in questo raccapricciante, immenso Grande Fratello, non poteva mancare il grande scrittore che finalmente sdoganasse il genere del romanzetto rosa da quattro soldi, rivendicandone tutta la disconosciuta rilevanza letteraria e sociale.
In questo variegato circo di scandalose assurdità, in questo pozzo senza fondo di orride creature partorite dalla tivvù, in questo raccapricciante, immenso Grande Fratello, non poteva mancare il grande scrittore che finalmente sdoganasse il genere del romanzetto rosa da quattro soldi, rivendicandone tutta la disconosciuta rilevanza letteraria e sociale.
Ma non, si badi bene, facendolo passare per ciò che non è... bensì FACENDOLO PASSARE ESATTAMENTE PER CIO' CHE E'! Vale a dire portandolo in trionfo proprio in virtù della sua assoluta, totale, sconfortante, indecente mancanza del benchè minimo spessore, millantata per "leggera profondità".
Roba in confronto alla quale la collezione Harmony va collocata in prossimità, che so, de I Miserabili, Guerra e Pace, I demoni, cose così... Roba che naturalmente infesta le librerie andando a ruba, e nelle trasposizioni cinematografiche riempie le sale di un pubblico variegato e trasversale: dagli adolescenti in amore alle mamme italiane in vena di regressione, dai trentenni nostalgici dei tempi del liceo - sì, esatto, quello di Venditti! - ai radical chic che fanno della rivalutazione del non rivalutabile la loro bandiera per trovarsi un posto nel mondo, scavarsi la loro nicchietta. Ciò che li accomuna è la narcosi del ben dell'intelletto prodotta dalla tivvù.
Eccolo qua, il nostro homme de lettres, nel caso ne sentissimo la mancanza!
Roba in confronto alla quale la collezione Harmony va collocata in prossimità, che so, de I Miserabili, Guerra e Pace, I demoni, cose così... Roba che naturalmente infesta le librerie andando a ruba, e nelle trasposizioni cinematografiche riempie le sale di un pubblico variegato e trasversale: dagli adolescenti in amore alle mamme italiane in vena di regressione, dai trentenni nostalgici dei tempi del liceo - sì, esatto, quello di Venditti! - ai radical chic che fanno della rivalutazione del non rivalutabile la loro bandiera per trovarsi un posto nel mondo, scavarsi la loro nicchietta. Ciò che li accomuna è la narcosi del ben dell'intelletto prodotta dalla tivvù.
Eccolo qua, il nostro homme de lettres, nel caso ne sentissimo la mancanza!
E' Federico Moccia, che di sè ci dice (dal sito ufficiale http://www.federicomoccia.it/):
Chi sono... domanda difficile.
Domanda bellissima.
Io sono le parole che amo, le storie che racconto, gli amici più cari che mi accompagnano in questa vita.
Sono nei colori di un fiore che cresce ostinato al bordo di una strada asfaltata.
Vivo dentro al cielo, quando al tramonto si tinge d'arancio, sempre diverso, sempre se stesso.
Sono nei quadri che dipingo, nella penna che uso quando scrivo, in un piccolo regalo che scelgo per fare una sorpresa.
Sono nel piacevole tepore di un maglione d'inverno e nella libertà di una maglietta estiva, nel caldo sole d'agosto.
Mi ritrovo nelle pagine degli scrittori che amo, nei fotogrammi di un film che mi commuove.
Mi perdo negli occhi di chi amo e mi ritrovo in quelli di chi mi fa sorridere e sa ridere di sé.
Sono le cose che amo: l`amicizia e la lealtà, la solitudine e la compagnia degli amici, il silenzio e lo scoppio improvviso di una risata.
Correre in moto, quando la visiera del casco è alzata ed entra il vento.
Parlare senza dire niente, perché gli occhi hanno già svelato tutto.
Mangiare una brioche calda alla crema, bere una buona birra.
Nuotare nel mare: quello salato d'estate e quello turbolento e dolce dei sentimenti.
Ma che persona di rara, squisita e delicata sensibilità!
Ma questo è un amore d'uomo, un artista, un poeta, nonchè, neanche da dire, il classico uomo da sposare!
Ma la vera chicca sono i cenni biografici:
Federico Moccia è nato a Roma il 20 luglio del 1963.
É figlio d'arte: suo padre è Giuseppe Moccia, meglio conosciuto come Pipolo, che è stato prima sceneggiatore cinematografico, assieme a Castellano, di varie pellicole con Totò, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e altri comici italiani, e poi regista di alcuni tra i maggiori successi commerciali della commedia all'italiana a cavallo tra gli anni '70 e '80, come Il bisbetico domato, Attila flagello di Dio, Il ragazzo di campagna o Innamorato pazzo.
Proprio Attila flagello di Dio, del 1982, segna l'esordio nel mondo del cinema di Federico, che vi partecipa come aiuto regista. Nel 1986 è uno degli sceneggiatori della prima stagione de I ragazzi della 3ª C. Dopo l’esordio alla macchina da presa come regista nel 1987 del film Palla al centro, di cui è anche sceneggiatore, Federico Moccia passa alla TV con il telefilm College, di cui è regista e sceneggiatore. In TV rimane a lungo anche in qualità di autore, scrivendo i testi di molte trasmissioni di successo nel campo dell'intrattenimento come I Cervelloni, Fantastica italiana, Ciao Darwin, Chi ha incastrato Peter Pan?, Domenica In e Il treno dei desideri.
...ecc. ecc.
Allora, analizziamolo questo curriculum: cosa ci propone? Un "figlio d'arte", o, per chiamarlo con il suo nome, un figlio di papà mandato da papà (che già di suo, diciamolo, non era propriamente Luchino Visconti), che esordisce come "aiuto regista" (AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!!!) con un immortale capolavoro delle cinematografia di tutti i tempi: Attila flagello di Dio.
Il buongiorno si vede davvero dal mattino... il nostro ha subito scelto con decisione di impostare la carriera sul prodotto di qualità, sulla più spinta sperimentazione, sull'alto profilo.
E poi? Manco a dirlo, il nostro beniamino ha trovato degna collocazione nella sconfinata scuderia Mediaset; un colpo di bacchetta magica, ed eccolo trasformato in fine sceneggiatore di "note trasmissioni di successo nel campo dell'intrattenimento". E beccatevi quali: I Cervelloni, Fantastica italiana, Ciao Darwin, Chi ha incastrato Peter Pan?, Domenica In, Il treno dei desideri. Sempre più intellettuale, sempre più di nicchia, sempre più rivolto ai palati fini.
Raggiunta così la piena maturità intellettuale e artistica, viene infine il momento della piena espressione di sè. Ed ecco quindi il balzo finale e la conseguente consacrazione letteraria.
Chi sono... domanda difficile.
Domanda bellissima.
Io sono le parole che amo, le storie che racconto, gli amici più cari che mi accompagnano in questa vita.
Sono nei colori di un fiore che cresce ostinato al bordo di una strada asfaltata.
Vivo dentro al cielo, quando al tramonto si tinge d'arancio, sempre diverso, sempre se stesso.
Sono nei quadri che dipingo, nella penna che uso quando scrivo, in un piccolo regalo che scelgo per fare una sorpresa.
Sono nel piacevole tepore di un maglione d'inverno e nella libertà di una maglietta estiva, nel caldo sole d'agosto.
Mi ritrovo nelle pagine degli scrittori che amo, nei fotogrammi di un film che mi commuove.
Mi perdo negli occhi di chi amo e mi ritrovo in quelli di chi mi fa sorridere e sa ridere di sé.
Sono le cose che amo: l`amicizia e la lealtà, la solitudine e la compagnia degli amici, il silenzio e lo scoppio improvviso di una risata.
Correre in moto, quando la visiera del casco è alzata ed entra il vento.
Parlare senza dire niente, perché gli occhi hanno già svelato tutto.
Mangiare una brioche calda alla crema, bere una buona birra.
Nuotare nel mare: quello salato d'estate e quello turbolento e dolce dei sentimenti.
Ma che persona di rara, squisita e delicata sensibilità!
Ma questo è un amore d'uomo, un artista, un poeta, nonchè, neanche da dire, il classico uomo da sposare!
Ma la vera chicca sono i cenni biografici:
Federico Moccia è nato a Roma il 20 luglio del 1963.
É figlio d'arte: suo padre è Giuseppe Moccia, meglio conosciuto come Pipolo, che è stato prima sceneggiatore cinematografico, assieme a Castellano, di varie pellicole con Totò, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e altri comici italiani, e poi regista di alcuni tra i maggiori successi commerciali della commedia all'italiana a cavallo tra gli anni '70 e '80, come Il bisbetico domato, Attila flagello di Dio, Il ragazzo di campagna o Innamorato pazzo.
Proprio Attila flagello di Dio, del 1982, segna l'esordio nel mondo del cinema di Federico, che vi partecipa come aiuto regista. Nel 1986 è uno degli sceneggiatori della prima stagione de I ragazzi della 3ª C. Dopo l’esordio alla macchina da presa come regista nel 1987 del film Palla al centro, di cui è anche sceneggiatore, Federico Moccia passa alla TV con il telefilm College, di cui è regista e sceneggiatore. In TV rimane a lungo anche in qualità di autore, scrivendo i testi di molte trasmissioni di successo nel campo dell'intrattenimento come I Cervelloni, Fantastica italiana, Ciao Darwin, Chi ha incastrato Peter Pan?, Domenica In e Il treno dei desideri.
...ecc. ecc.
Allora, analizziamolo questo curriculum: cosa ci propone? Un "figlio d'arte", o, per chiamarlo con il suo nome, un figlio di papà mandato da papà (che già di suo, diciamolo, non era propriamente Luchino Visconti), che esordisce come "aiuto regista" (AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!!!) con un immortale capolavoro delle cinematografia di tutti i tempi: Attila flagello di Dio.
Il buongiorno si vede davvero dal mattino... il nostro ha subito scelto con decisione di impostare la carriera sul prodotto di qualità, sulla più spinta sperimentazione, sull'alto profilo.
E poi? Manco a dirlo, il nostro beniamino ha trovato degna collocazione nella sconfinata scuderia Mediaset; un colpo di bacchetta magica, ed eccolo trasformato in fine sceneggiatore di "note trasmissioni di successo nel campo dell'intrattenimento". E beccatevi quali: I Cervelloni, Fantastica italiana, Ciao Darwin, Chi ha incastrato Peter Pan?, Domenica In, Il treno dei desideri. Sempre più intellettuale, sempre più di nicchia, sempre più rivolto ai palati fini.
Raggiunta così la piena maturità intellettuale e artistica, viene infine il momento della piena espressione di sè. Ed ecco quindi il balzo finale e la conseguente consacrazione letteraria.
Cito sempre dal sito:
Nel 1992 scrive il suo primo libro, il romanzo Tre metri sopra il cielo. Non riuscendo a trovare una casa editrice disposta a pubblicarlo decide di farlo a sue spese con una piccola casa editrice, Il Ventaglio, con una tiratura di poche copie. Ma le poche copie del libro vanno subito a ruba e cominciano a girare tra i giovani lettori copie fotocopiate del libro. (...).
Nel 2004, a quarantuno anni, il suo libro d’esordio diviene il nuovo caso letterario italiano, ottenendo un enorme diffusione tra i licei romani. Viene pubblicato da Feltrinelli in una edizione ridotta: il successo è immediato e porta anche ad una riduzione cinematografica, con tanto di ripubblicazione della versione originale ed integrale del 1992. Nello stesso anno esce il film tratto dall'omonimo libro (...).
Con il libro vince il Premio Torre di Castruccio, sezione Narrativa 2004, e il Premio Insula Romana, sezione Giovani Adulti 2004. Il romanzo viene venduto in tutti i Paesi d'Europa ma anche in Giappone e in Brasile.
Il 9 febbraio 2006 esce il suo secondo romanzo, Ho voglia di te (Feltrinelli), vincitore del Premio Cimitile (attualità), seguito del libro Tre metri sopra il cielo. Anche questo romanzo diviene un film nel 2007 (...). La pellicola ottiene un grandissimo successo di pubblico e un incasso record di 16 milioni di euro.
Il 17 aprile 2007 esce nelle librerie Scusa ma ti chiamo amore edito da Rizzoli, da cui è tratto l’omonimo film (...) per la regia dello stesso Moccia, interpretato da Raoul Bova e dall’esordiente Michela Quattrociocche. Nel primo week end di programmazione, il film incassa oltre 4 milioni di euro e chiuderà con un grande risultato di botteghino: 13 milioni di euro.
Sempre nel 2007, escono i libri Cercasi Niki disperatamente, edito Rizzoli, il racconto La passeggiata (...) e il libro del musical di Tre metri sopra il cielo, 3MSC, edito da Feltrinelli.
Nel 2008, dalla lavorazione del film Scusa ma ti chiamo amore nasce un libro pubblicato da Rizzoli: Diario di un sogno. Le fotografie, i miei appunti, le mie emozioni, dal set del film «Scusa ma ti chiamo amore».
Il 2 ottobre 2008 esce nelle librerie il romanzo Amore 14, edito da Feltrinelli, da cui verrà tratto un film girato interamente a Roma nell’estate del 2009 (...).
Trovo che le due perle siano:
Nel 1992 scrive il suo primo libro, il romanzo Tre metri sopra il cielo. Non riuscendo a trovare una casa editrice disposta a pubblicarlo decide di farlo a sue spese con una piccola casa editrice, Il Ventaglio, con una tiratura di poche copie. Ma le poche copie del libro vanno subito a ruba e cominciano a girare tra i giovani lettori copie fotocopiate del libro. (...).
Nel 2004, a quarantuno anni, il suo libro d’esordio diviene il nuovo caso letterario italiano, ottenendo un enorme diffusione tra i licei romani. Viene pubblicato da Feltrinelli in una edizione ridotta: il successo è immediato e porta anche ad una riduzione cinematografica, con tanto di ripubblicazione della versione originale ed integrale del 1992. Nello stesso anno esce il film tratto dall'omonimo libro (...).
Con il libro vince il Premio Torre di Castruccio, sezione Narrativa 2004, e il Premio Insula Romana, sezione Giovani Adulti 2004. Il romanzo viene venduto in tutti i Paesi d'Europa ma anche in Giappone e in Brasile.
Il 9 febbraio 2006 esce il suo secondo romanzo, Ho voglia di te (Feltrinelli), vincitore del Premio Cimitile (attualità), seguito del libro Tre metri sopra il cielo. Anche questo romanzo diviene un film nel 2007 (...). La pellicola ottiene un grandissimo successo di pubblico e un incasso record di 16 milioni di euro.
Il 17 aprile 2007 esce nelle librerie Scusa ma ti chiamo amore edito da Rizzoli, da cui è tratto l’omonimo film (...) per la regia dello stesso Moccia, interpretato da Raoul Bova e dall’esordiente Michela Quattrociocche. Nel primo week end di programmazione, il film incassa oltre 4 milioni di euro e chiuderà con un grande risultato di botteghino: 13 milioni di euro.
Sempre nel 2007, escono i libri Cercasi Niki disperatamente, edito Rizzoli, il racconto La passeggiata (...) e il libro del musical di Tre metri sopra il cielo, 3MSC, edito da Feltrinelli.
Nel 2008, dalla lavorazione del film Scusa ma ti chiamo amore nasce un libro pubblicato da Rizzoli: Diario di un sogno. Le fotografie, i miei appunti, le mie emozioni, dal set del film «Scusa ma ti chiamo amore».
Il 2 ottobre 2008 esce nelle librerie il romanzo Amore 14, edito da Feltrinelli, da cui verrà tratto un film girato interamente a Roma nell’estate del 2009 (...).
Trovo che le due perle siano:
- il commovente accenno alle difficoltà del (maturo) esordiente, che deve affidarsi a una piccola, sfigata casa editrice, che però crede in lui, pur di veder stampata la sua opera immortale (partorita in notti di freddo pungente, nella sua triste soffitta illuminata dalla debole luce di una candela)
- lo svarione di chi si è occupato dell'editing sui testi del sito, che dimentica il corretto uso dell'apostrofo nella declinazione femminile dell'articolo indeterminativo nella lingua italiana. Notevole, per essere il sito di un romanziere!
MA A CHI LA VENITE A RACCONTARE??????
MA QUANDO MAI CI LIBEREREMO DI QUESTA SOFFOCANTE FUFFA DI RACCOMANDATI SENZA ARTE NE' PARTE????????? Meno male che qualcuno che irride ancora c'è, vedere articolo in testa al mio post.
Laura
26 ottobre 2009
22 ottobre 2009
21 ottobre 2009
L'INTERESSANTE DIBATTITO SUL POSTO FISSO
...a parte che visti i protagonisti della querelle (fra Silvio Imperatore e Tremonti che parlano tanto per parlare e per fare i bauscia, e la Marcegaglia che senz'altro dice quello che veramente pensa, ma ti raccomando che bei ragionamenti) non saprei chi mi fa più incazzare...
Mi sorge inoltre spontaneo il quesito: TANTO ORAMAI COSA CAMBIA???
POSTO FISSO
POSTO "MOBILE" (non si sa neanche più come chiamarlo)
18 ottobre 2009
CI MANGIANO LA VITA
Prendo spunto dalla lettera scritta questa settimana allo psicologo Umberto Galimberti, nella rubrica che tiene su D di Repubblica.
Scrive Serena Annibali, studentessa di ingegneria di 23 anni:
"(...) Quando non ti basta mai ciò che hai intorno, non per una mera insoddisfazione, ma perchè sai che oltre a ciò che hai già davanti ci può essere qualcos'altro ancora che ti può arricchire in maniera diversa, allora ti rendi conto che non puoi restare fermo al tuo posto (...). Ma questa sete di conoscenza non si concilia con il modello di vita nel quale ci troviamo. (...) E' difficile trovare un equilibrio morale, è difficile trovare un equilibrio emotivo, ed è difficile trovare un equilibrio cognitivo. (...)".
E le risponde Galimberti:
"La sua ricerca dell' "equilibrio cognitivo" mi pare richieda il superamento di quella condizione di alienazione che Marx imputava alla società capitalista. Col termine "alienazione", infatti, Marx non si riferisce solo al fatto che il valore del lavoro non torna per intero al lavoratore, ma soprattutto al fatto che ciascun uomo viene apprezzato e ripagato esclusivamente per la capacità in cui eccelle. La specializzazione diventa così la sua tirannia, (...), perchè è la specializzazione che ci dà un riconoscimento e quindi un'identità sociale, oltre che una retribuzione che è poi la condizione per vivere. (...) gran parte della nostra infelicità dipende dal fatto che ci sentiamo sempre meno uomini e sempre più funzionari di apparati. (...). Penso che il proprio "equilibrio cognitivo", come Lei giustamente lo chiama, nella nostra società sempre più organizzata nella specializzazione del lavoro ciascuno lo possa trovare solo nel tempo libero, se appena evitiamo di consegnare anche questo tempo al ruolo del week end e delle ferie forzate."
C'è allora chi ancora usa la testa, si interroga, capisce, e perciò non vuole, non può allinearsi.
Chi rifiuta la logica dell'identificazione totale e alienante con il lavoro, e desidera mantenere integra, viva e pulsante una propria vita e una propria identità se non all'interno, almeno al di fuori degli spazi e dei tempi lavorativi. Che tendono a debordare, sconfinare, a divorare anche la privatezza, o comunque lasciano un margine mentale e concreto molto, troppo ristretto per realizzare felicemente un equilibrato sviluppo della propria personalità e vita intellettuale ed emotiva, delle proprie inclinazioni (che così risultano sacrificate non solo dentro, ma anche fuori dal luogo di lavoro), delle relazioni che scegliamo di coltivare in libertà e autonomia, a fronte di quelle (sempre troppe!) che subiamo nel contesto sociale e alle quali non possiamo sottrarci.
Conquistare il proprio "equilibrio cognitivo" diventa allora una sfida difficile, ma da accettare giorno per giorno per far sì che, spesso prigionieri della rete vischiosa di un sistema sociale e lavorativo corrotto e impazzito, si riesca tuttavia a rimanere liberi nella mente e nel cuore.
Laura
53A BIENNALE D'ARTE DI VENEZIA - SABATO NELLA SERENISSIMA REPUBBLICA
Sabato a Venezia, per una scorpacciata d'arte alla 53a Biennale.
Splendida giornata di sole, per nulla fredda; un piacere sia il tragitto in vaporetto dalla stazione a S. Marco, sia la camminata sul lungomare fino all'Arsenale, prima tappa della visita.
Il tema della Biennale quest'anno è Fare Mondi - Making Worlds.
Ossia da una parte indagare e riflettere ciriticamente sui mondi reali in cui attualmente viviamo, dall'altra ragionare su possibili mondi alternativi, all'insegna della carica utopica che l'arte DEVE sempre conservare e alimentare dentro se stessa.
All'Arsenale mi sono piaciuti soprattutto:
- l'installazione della neoconcretista brasiliana Lygia Pape, che accoglie i visitatori: sottili fili dorati che formano degli aerei parallelepipedi luccicanti nel buio, alti fino al soffitto
- il villaggio africano ricostruito dal camerunense Pascale Thayou, con capanne, feticci, ma anche donne che si danno a nuove attività di sopravvivenza e bambini che giocano intorno a fuochi non più primigenii ma moderni, e per questo simboleggiati da lampade di design occidentale
- l'opera dello svedese Jan Hafstrom: su tre pareti di una delle sale delle Corderie, grandi riproduzioni di figure e oggetti della modernità, dalla casalinga che asciuga i piatti all'esploratore, dalle armi ai vestiti, dalle monete ai simboli religiosi. Un gigantesco e anche un po' inquietante inventario del nostro universo visivo e mentale.
- la città immaginaria ricostruita in due dimensioni dal sudafricano Moshekwa Langa, utilizzando grosse spolette, macchinine, biglie, palle di gomma, ferri da calza e fili elettrici multicolori
- le stanze colorate del brasiliano Ildo Meireles
- gli specchi frantumati di Michelangelo Pistoletto
- gli utopistici progetti architettonici di Marjetica Potrc
- i due mappamondi proiettati in ambiente buio da Grazia Toderi: due mondi apparentemente fantastici, e invece molto reali in quanto trattasi di vedute notturne di varie città del mondo, illuminate da mille e mille luci nella notte
- le inquietanti bambole vodoo della dominicana Raquel Paiewonsky
- la parete ricoperta dalla coppia d'arte Bertozzi & Casoni con decine e decine di armadietti Primo Soccorso, contenenti statuine in ceramica che riproducono personaggi e temi della storia del mondo; anche quest'opera vuole essere una sorta di (inquieto) riassunto enciclopedico del nostro immaginario. Una delle pochissime opere che salverei dal nostro reazionarissimo padiglione Italia; per conto mio, un netto pollice verso per i curatori Beatrice e Buscaroli.
Nel pomeriggio siamo andati ai Giardini, a vedere i padiglioni nazionali.
Qui mi hanno colpito molto:
- la stanza con i lavori dei due austriaci Franzisca e Lois Weinberger, concentrati sul tema del rapporto con la natura
- la piscina con il cadavere dell'annegato, parte di una provocatoria installazione che ha unito quest'anno il padiglione danese e quello nordico
- i dipinti dell'egiziano Adel El Siwi, dialoganti con le grandi statue in treccia di palma del suo giovane connazionale Ahmad Askalany
- il padiglione greco, con le opere di Lucas Samaras: foto elaborate con complesse tecniche digitali e una grande installazione composta da un gioco di specchi.
Nell'ex padiglione Italia, divenuto Palazzo permanente delle Esposizioni, le opere più belle per me sono:
- l'installazione di Georges Adéagbo, del Benin, che ha raccolto e assemblato oggetti dei Paesi occidentali
- l'installazione di Georges Adéagbo, del Benin, che ha raccolto e assemblato oggetti dei Paesi occidentali
- le sfere coloratissime di Massimo Bartolini per la stanza destinata alle attività educative dei bambini
- i cartoons della svedese Nathalie Djurberg, vincitrice del Leone d'argento per il più promettente giovane artista: proiezioni del nostro più violento e morboso inconscio, in mezzo a una selva di minacciosi fiori tropicali riprodotti su scala gigante con cera e resine artificiali
- più di tutto, e forse in assoluto anche rispetto alle opere dell'Arsenale, il teatrino del tedesco Hans Peter Feldmann: un lungo tavolo su cui sono state poste delle piattaforme circolari rotanti, su cui poggiano decine e decine di oggetti del nostro quotidiano le cui ombre vengono proiettate su una parete, a creare un gioco di ombre cinesi continuamente mutante.
Terminata la nostra visita, ci siamo incamminati verso S. Marco, godendoci la magica vista serale della città e della piazza; poi in vaporetto siamo tornati alla stazione (rischiando di perdere l'ultimo treno per Milano!!!) e siamo rientrati nella grande metropoli.
... dimenticavo! FINALMENTE mi sono regalata una maschera veneziana; saranno kitsch, saranno cheap, MA A ME PIACCIONO UN CASINO!!!
- i cartoons della svedese Nathalie Djurberg, vincitrice del Leone d'argento per il più promettente giovane artista: proiezioni del nostro più violento e morboso inconscio, in mezzo a una selva di minacciosi fiori tropicali riprodotti su scala gigante con cera e resine artificiali
- più di tutto, e forse in assoluto anche rispetto alle opere dell'Arsenale, il teatrino del tedesco Hans Peter Feldmann: un lungo tavolo su cui sono state poste delle piattaforme circolari rotanti, su cui poggiano decine e decine di oggetti del nostro quotidiano le cui ombre vengono proiettate su una parete, a creare un gioco di ombre cinesi continuamente mutante.
Terminata la nostra visita, ci siamo incamminati verso S. Marco, godendoci la magica vista serale della città e della piazza; poi in vaporetto siamo tornati alla stazione (rischiando di perdere l'ultimo treno per Milano!!!) e siamo rientrati nella grande metropoli.
... dimenticavo! FINALMENTE mi sono regalata una maschera veneziana; saranno kitsch, saranno cheap, MA A ME PIACCIONO UN CASINO!!!
Comunque non l'ho messa in bella mostra nel salotto di casa; sarà l'enigmatico nume tutelare della mia stanzetta.
Laura
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