Fra venerdì e ieri sera mi sono un po' rimessa in pari con il cinema, che ultimamente frequentiamo meno, avendo molte possibilità di vedere ottimi film, magari non nuovi e non recenti ma meritevolissimi o addirittura imperdibili, con e-mule.
Venerdì ho visto Julie & Julia, con la solita eccezionale Meryl Streep. Una commediola molto carina, ben recitata non solo da lei ma da tutti e molto curata nei dettagli; e non un film solo d'evasione, ma anche sulle difficoltà della vita, diverse per due donne appartenenti a epoche differenti, ma per entrambe difficoltà non da poco.
Facile per me identificarmi con la giovane newyorkese Julie. Felicemente sposata con un giornalista, con il quale avvia l'avventura del matrimonio in un appartamentino bohemienne stipato di carabattole sopra una sfigatissima pizzeria negli sfigati Queens, Julie si arrabatta fra i telefoni di un orrido call center e le vecchie amiche, che nel frattempo sono diventate delle insopportabili carrieriste, e non smette di sognare il successo come scrittrice.
Alla sera e nei fine settimana affoga i suoi dispiaceri... nelle creme e nei sughi: si diletta infatti di cucina, ed è un'ammiratrice sfegatata di una insuperabile cuoca che fra gli anni '50 e '60 ha realmente spopolato in America con il suo libro di ricette e le sue lezioni di cucina in televisione: Julia Child (che vi mostro qui sopra in un fotogramma tratto dalle sue apparizioni televisive).
La via d'uscita rispetto alle frustrazioni quotidiane diventa per Julie il suggerimento del suo adorabile e partecipe marito: perchè non dare vita a un blog nel quale, per un anno, proporre ogni giorno una ricetta dal libro di Julia Child, dalla stessa Julie preparata?
E così parte la sfida, che naturalmente è soprattutto sfida con se stessa e difficile battaglia contro le avversità del mondo esterno e anche contro le proprie insicurezze, nate dall'impossibilità di coltivare nella sfera professionale le proprie prerogative e capacità. E che diventa anche confronto a distanza (il sogno di un incontro ravvicinato non si avvererà) con Julia, più la Julia immaginata che quella reale, ma forse in fondo, come giustamente dice il marito di Julie, quella per lei più importante. Insomma, un film carino e rilassante, non privo però di spunti di riflessione e di una sua semplice, ma giusta morale.
Ieri sera, invece, scorpacciata di musicone, inseguimenti spericolati, drammatici faccia a faccia, ma soprattutto di Johnny Depp: siamo andati a vedere Nemico pubblico, basato sulla storia vera del gangster John Dillinger nella Chicago degli anni '30. Il film avrebbe la pretesa di uscire dai limiti della perfetta ricostruzione storica e ambientale e del filmone hollywoodiano, per realizzare una lettura più profonda e psicologica del confronto fra i due protagonisti, il bandito e il poliziotto dell'FBI che gli diede realmente la caccia fino alla resa dei conti finale. Un po' come in Heat - La sfida, che ripropone lo stesso tema in un contesto moderno, avvalendosi della bravura di De Niro (il bandito) e Pacino (il rappresentante della legge) per innescare una riflessione sul bene e il male.
Depp e tutti gli altri sono bravi, sulle ricostruzioni e la fotografia niente da dire, ovviamente le scene d'azione, rapine e inseguimenti, sono pressochè perfette. Ma il film si ferma, rispetto ai suoi più ambiziosi obbiettivi, a metà del guado, non approfondendo a sufficienza gli spunti psicologici e anche gli aspetti sociologici della vicenda di Dillinger, spunti e aspetti che si limita a suggerire.
...comunque, prendere prende, sono due ore con il fiato sospeso. E POI JOHNNY E' TANTO, TANTO BELLO, E TANTO, TANTO SEXY!!!
Ci sono delle interessanti novità anche musicali: vi consiglio l'ultimo album di Sting, appena uscito, di cui qui sopra vedete la (già stranota) copertina.
L'album è accompagnato da un forte battage pubblicitario, anche perchè ben si adatta alle festività natalizie alle porte, essendo una ripresa molto fine e originale di antiche ballate popolari dell'Inghilterra del nord sul tema dell'inverno.
Secondo me è fatto molto bene, considerando che l'impresa era di quelle particolarmente ardue e ambiziose; avventurarsi sul terreno della musica antica e popolare collaborando con musicisti abituati a muoversi in quell'ambito, venendo dal rock e dal pop, non è mai infatti un'operazione da affrontare a cuor leggero. Ma la curiosità intellettuale, l'intelligenza e la musicalità di Sting l'hanno fatto cadere in piedi. Forse l'intero album, ascoltato di seguito, è appena appena noiosetto; ma è l'unico piccolo limite di questo lavoro. La finezza e il buon gusto delle scelte negli arrangiamenti e la contaminazione con il jazz sono invece i suoi punti di forza, e garantiscono una qualità che non scende mai sotto un certo livello.
Quanto alle novità nelle letture, prima del cinema ieri ho fatto incetta di romanzi, tutti di Adelphi (e quindi tutti della categoria "Prepariamoci a una letturina impegnativa"):
- La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer, di cui leggo su http://nuke.ilsottoscritto.it/Default.aspx?tabid=1045: "(...) è una sorta di giallo epistemologico che indaga il difficile cammino conoscitivo di se stessi e dell’altro da sé . “Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo” è la frase di apertura del romanzo e quella che più spesso ricorre, a mo’ di refrain, nel corso del suo svolgimento. A pronunciarla è Pearl, la moglie devota di Holland Cook, che, divenuta ormai nonna, ricostruisce il suo passato nel tentativo di capire il suo singolare legame con il marito. (...)".
- Nè giusto nè sbagliato, di Paul Collins, che affronta il tema dell'autismo (http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-paul_collins/sku-12087789/ne_giusto_ne_sbagliato_.htm)
- Nella penombra, di Juan Benet: "Due donne, una anziana e una giovane, zia e nipote, siedono nella penombra di uno studio spazioso, e parlano. Di che cosa? Di un messaggero che dovrebbe arrivare, del suo messaggio che dovrebbe chiudere una ferita aperta molto tempo prima." (da http://www.bol.it/libri/Nella-penombra/Juan-Benet/ea978884590838/).
- Ritorno a casa, di Natasha Radojcic-Kane: "Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una partita di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio, i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo - ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele - risulta più difficile." (da http://www.nonleggere.it/default.asp?content=%2Fesordienti%2Fblu4%2Fnatasha%5Fradojcic%2Dkane%5Ftesto%2Fschedatesto%2Easp).
Ho invece iniziato da pochi giorni un altro Adelphi che dalle prime pagine sembra molto bello: Il giorno del giudizio, di Salvatore Satta: "Salvatore Satta (Nuoro 1902, Roma 1975) è uno di quegli scrittori, quasi estinti al giorno d’oggi, caratterizzati dallo spirito e dallo stile di chi non ha in animo di scrivere nell’ottica della produzione e del mercato. La prima conferma ci viene, in questo senso, da La veranda, romanzo scritto a soli 25 anni, valutato da Marino Moretti una controparte italiana a La montagna incantata di Thomas Mann, e che allora non arrivò al pubblico in quanto non ritenuto in grado di accoglierlo. Il romanzo venne pubblicato solo nel 1981, da Adelphi; dopo il De profundis, stampato nel 1948, e Il giorno del giudizio, 1977. Scrivere non è il mio mestiere, confessa lo scrittore. Non lo è in alcun modo. E infatti: «Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte». E allora perché scrivere un libro? Per Satta era come chiedersi: e allora perché vivere? Non si vive, né si scrive, in funzione di un dopo, di un obiettivo. Ma questo significa volare sopra gli uomini, non essere contaminati dalle umane debolezze. E Satta non lo era, almeno non voleva esserlo. Diffidava ormai anche delle leggi, delle quali era esperto, di tutte quelle leggi nelle quali credono ancora i vivi." (da http://www.italialibri.net/opere/giornodelgiudizio.html).
Laura
Venerdì ho visto Julie & Julia, con la solita eccezionale Meryl Streep. Una commediola molto carina, ben recitata non solo da lei ma da tutti e molto curata nei dettagli; e non un film solo d'evasione, ma anche sulle difficoltà della vita, diverse per due donne appartenenti a epoche differenti, ma per entrambe difficoltà non da poco.
Facile per me identificarmi con la giovane newyorkese Julie. Felicemente sposata con un giornalista, con il quale avvia l'avventura del matrimonio in un appartamentino bohemienne stipato di carabattole sopra una sfigatissima pizzeria negli sfigati Queens, Julie si arrabatta fra i telefoni di un orrido call center e le vecchie amiche, che nel frattempo sono diventate delle insopportabili carrieriste, e non smette di sognare il successo come scrittrice.
Alla sera e nei fine settimana affoga i suoi dispiaceri... nelle creme e nei sughi: si diletta infatti di cucina, ed è un'ammiratrice sfegatata di una insuperabile cuoca che fra gli anni '50 e '60 ha realmente spopolato in America con il suo libro di ricette e le sue lezioni di cucina in televisione: Julia Child (che vi mostro qui sopra in un fotogramma tratto dalle sue apparizioni televisive).
La via d'uscita rispetto alle frustrazioni quotidiane diventa per Julie il suggerimento del suo adorabile e partecipe marito: perchè non dare vita a un blog nel quale, per un anno, proporre ogni giorno una ricetta dal libro di Julia Child, dalla stessa Julie preparata?
E così parte la sfida, che naturalmente è soprattutto sfida con se stessa e difficile battaglia contro le avversità del mondo esterno e anche contro le proprie insicurezze, nate dall'impossibilità di coltivare nella sfera professionale le proprie prerogative e capacità. E che diventa anche confronto a distanza (il sogno di un incontro ravvicinato non si avvererà) con Julia, più la Julia immaginata che quella reale, ma forse in fondo, come giustamente dice il marito di Julie, quella per lei più importante. Insomma, un film carino e rilassante, non privo però di spunti di riflessione e di una sua semplice, ma giusta morale.
Ieri sera, invece, scorpacciata di musicone, inseguimenti spericolati, drammatici faccia a faccia, ma soprattutto di Johnny Depp: siamo andati a vedere Nemico pubblico, basato sulla storia vera del gangster John Dillinger nella Chicago degli anni '30. Il film avrebbe la pretesa di uscire dai limiti della perfetta ricostruzione storica e ambientale e del filmone hollywoodiano, per realizzare una lettura più profonda e psicologica del confronto fra i due protagonisti, il bandito e il poliziotto dell'FBI che gli diede realmente la caccia fino alla resa dei conti finale. Un po' come in Heat - La sfida, che ripropone lo stesso tema in un contesto moderno, avvalendosi della bravura di De Niro (il bandito) e Pacino (il rappresentante della legge) per innescare una riflessione sul bene e il male.
Depp e tutti gli altri sono bravi, sulle ricostruzioni e la fotografia niente da dire, ovviamente le scene d'azione, rapine e inseguimenti, sono pressochè perfette. Ma il film si ferma, rispetto ai suoi più ambiziosi obbiettivi, a metà del guado, non approfondendo a sufficienza gli spunti psicologici e anche gli aspetti sociologici della vicenda di Dillinger, spunti e aspetti che si limita a suggerire.
...comunque, prendere prende, sono due ore con il fiato sospeso. E POI JOHNNY E' TANTO, TANTO BELLO, E TANTO, TANTO SEXY!!!
Ci sono delle interessanti novità anche musicali: vi consiglio l'ultimo album di Sting, appena uscito, di cui qui sopra vedete la (già stranota) copertina.
L'album è accompagnato da un forte battage pubblicitario, anche perchè ben si adatta alle festività natalizie alle porte, essendo una ripresa molto fine e originale di antiche ballate popolari dell'Inghilterra del nord sul tema dell'inverno.
Secondo me è fatto molto bene, considerando che l'impresa era di quelle particolarmente ardue e ambiziose; avventurarsi sul terreno della musica antica e popolare collaborando con musicisti abituati a muoversi in quell'ambito, venendo dal rock e dal pop, non è mai infatti un'operazione da affrontare a cuor leggero. Ma la curiosità intellettuale, l'intelligenza e la musicalità di Sting l'hanno fatto cadere in piedi. Forse l'intero album, ascoltato di seguito, è appena appena noiosetto; ma è l'unico piccolo limite di questo lavoro. La finezza e il buon gusto delle scelte negli arrangiamenti e la contaminazione con il jazz sono invece i suoi punti di forza, e garantiscono una qualità che non scende mai sotto un certo livello.
Quanto alle novità nelle letture, prima del cinema ieri ho fatto incetta di romanzi, tutti di Adelphi (e quindi tutti della categoria "Prepariamoci a una letturina impegnativa"):
- La storia di un matrimonio, di Andrew Sean Greer, di cui leggo su http://nuke.ilsottoscritto.it/Default.aspx?tabid=1045: "(...) è una sorta di giallo epistemologico che indaga il difficile cammino conoscitivo di se stessi e dell’altro da sé . “Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo” è la frase di apertura del romanzo e quella che più spesso ricorre, a mo’ di refrain, nel corso del suo svolgimento. A pronunciarla è Pearl, la moglie devota di Holland Cook, che, divenuta ormai nonna, ricostruisce il suo passato nel tentativo di capire il suo singolare legame con il marito. (...)".
- Nè giusto nè sbagliato, di Paul Collins, che affronta il tema dell'autismo (http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-paul_collins/sku-12087789/ne_giusto_ne_sbagliato_.htm)
- Nella penombra, di Juan Benet: "Due donne, una anziana e una giovane, zia e nipote, siedono nella penombra di uno studio spazioso, e parlano. Di che cosa? Di un messaggero che dovrebbe arrivare, del suo messaggio che dovrebbe chiudere una ferita aperta molto tempo prima." (da http://www.bol.it/libri/Nella-penombra/Juan-Benet/ea978884590838/).
- Ritorno a casa, di Natasha Radojcic-Kane: "Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origine poco chiara. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una partita di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio, i gufi. Per non vedere più quella ragazza cadere al rallentatore, colpita a morte, sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo - ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele - risulta più difficile." (da http://www.nonleggere.it/default.asp?content=%2Fesordienti%2Fblu4%2Fnatasha%5Fradojcic%2Dkane%5Ftesto%2Fschedatesto%2Easp).
Ho invece iniziato da pochi giorni un altro Adelphi che dalle prime pagine sembra molto bello: Il giorno del giudizio, di Salvatore Satta: "Salvatore Satta (Nuoro 1902, Roma 1975) è uno di quegli scrittori, quasi estinti al giorno d’oggi, caratterizzati dallo spirito e dallo stile di chi non ha in animo di scrivere nell’ottica della produzione e del mercato. La prima conferma ci viene, in questo senso, da La veranda, romanzo scritto a soli 25 anni, valutato da Marino Moretti una controparte italiana a La montagna incantata di Thomas Mann, e che allora non arrivò al pubblico in quanto non ritenuto in grado di accoglierlo. Il romanzo venne pubblicato solo nel 1981, da Adelphi; dopo il De profundis, stampato nel 1948, e Il giorno del giudizio, 1977. Scrivere non è il mio mestiere, confessa lo scrittore. Non lo è in alcun modo. E infatti: «Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte». E allora perché scrivere un libro? Per Satta era come chiedersi: e allora perché vivere? Non si vive, né si scrive, in funzione di un dopo, di un obiettivo. Ma questo significa volare sopra gli uomini, non essere contaminati dalle umane debolezze. E Satta non lo era, almeno non voleva esserlo. Diffidava ormai anche delle leggi, delle quali era esperto, di tutte quelle leggi nelle quali credono ancora i vivi." (da http://www.italialibri.net/opere/giornodelgiudizio.html).
Laura
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