"Pare che i due gemelli dichiarati mangiatori di loto fossero stati dipinti con tratti primitivi di colore violaceo, con tanto di cravatta l’uno e papillon l’altra; e che fossero cosparsi entrambi sulla testa di capelli con forme somiglianti a sbracati cervelli. In quel momento di sostanziale solitudine, alle prese con se stessi e a tratti col distratto pittore, trovarono i barbuti compagni di Ulisse sul loro percorso. Non mostrarono però alcuna diffidenza e furono invece accoglienti e gentili nei modi. Ulisse, a capo del gruppo, appena sbarcato sull’isola ricambiò con sorrisi e buone maniere.
Dunque si passò al loto. I due gemelli, senza perdere altro tempo, offrirono all’allegra compagnia il loro stesso cibo, il buon vecchio inebriante loto. Ma il frutto, portava con sè la perdita dell’altrui memoria. O meglio, aiutava il buongustaio a porre in secondo piano alcune delle questioni che la memoria con insistenza ripropone. Della patria e d’altro, all’improvviso non importava più nulla a nessuno; della piacevolezza del loto e dei suoi effetti inebrianti, altroché. Anche se Ulisse aveva una seria missione da compiere si trovò davanti ad un bivio, e i suoi ragazzi, divenuti mangiatori di loto, decisero di rimanere ospiti dell’isola ancora per qualche tempo".
Cristiano Mattia Ricci
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